IL PIU’ ANTICO DOCUMENTO AUTENTICO
SU CECCO D’ASCOLI

NOTA
di
Vincenzo Paoletti

ROMA
Tipografia della R. Accademia dei Lincei
1906

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Rendiconti della R. Accademia dei Lincei
Classe di scienze morali, storiche e filologiche.
Estratto dei rendiconti, vol. XIV, ser. 5a, fasc. 11. Seduta del 19 novembre 1905.

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Intorno al poeta e astrologo Francesco Stabili, più noto sotto
il nome di Cecco d'Ascoli, si è svolta in questi ultimi anni una
fiorita di studi diligenti, dovuta a persone di diverso sentire
politico e religioso, la quale ha suscitato un interessamento così
vivo ed efficace che, di giorno in giorno, abbiamo visto crescere
sensibilmente il patrimonio letterario dell'infelice Ascolano, bru-
ciato vivo come eretico in Firenze il 16 settembre 1327 (').

Però se, dall'esame delle opere, la figura di Cecco è potuta
in gran parte uscire dalla strana leggenda di mago sovrapposta
alla sua memoria, pure, nella mancanza di notizie sicure intorno
alla sua fortunosa vita, rimaneva ancora in una luce incerta e
non definita.

Il Castelli esumava, è vero, dal codice Vaticano n. 4831 (2),
alcuni appunti letterari di mons. Angelo Colocci di Jesi, nato

(') Infatti al poema volgare l'Acerba e al commento latino alla Sfera di Sacrobosco, uniche opere dello Stabili conosciute, si sono aggiunti in
questi ultimi giorni il
De principiis astrologiae, il De eccentricis et epi-
cyiclis
scavati dal P. Boffito il primo nella Vaticana, cod. 2366. e il
secondo nella Palatina di Parma, cod. 984 — e, infine, un piccolo trattato
sulla Fisonomia scritto in calce ad un codice miniato dell’Acerba (Lauren-
ziana, n. 52, plut. 40) che ho dimostrato, nel
Saggio critico su Cecco
d’Ascoli
edito dallo Zanichelli, 1905, doversi anch'esso attribuire con cer-
tezza all'Ascolano.

(2) Estratto dal Giornale storico della Letteratura Italiana, 1890,
vol. XV, p. 251, e riportato poi, in modo più completo, nel La vita e le
Opere di Cecco d'Ascoli,
Bologna, Zanichelli, 1892.

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Seduta del 19 novembre 1905. — V. Paoletti.

circa un secolo e mezzo dalla morte violenta dell'Ascolano, i
quali mettevano un certo ordine nella biografia dello Stabili;

ma il racconto sapeva troppo di leggenda e non era quindi lecito
affidarsi ad esso minimamente.

Allo scrivente capitò la fortuna di scoprire e decifrare nel-
l'ottobre di quest'anno una pergamena dell'archivio municipale
di Amandola (1), contenente una querela sporta contro Cecco dal
priore del monastero di S. Leonardo de Gulubrio per malefici
commessi verso la persona di un tal Brocardino.

Prima di procedere alla breve illustrazione dell'interessante
documento, che è il più antico che abbiamo sullo Stabili recando
la data del 1297, ne dò la riproduzione tratta da una fotografia,
e il contenuto.


In Dei nomine. Amen. Anno Dñi millesimo ducentesimo nonagesimo
septimo. In dictione decima. tempore Dñi Bonifacii PP. octavi. die sexto
intrantis mensis Agusti. Actum Amandule in domo Cois Amandule presen-
tibus Falco Omodei et Jacobo Gualterii testibus ad hoc specialiter vocatis
et rogatis. Dopnus Benevemus prior monasterii Sci Leonardi de gulubrio
existens coram sapiente viro dño Nicola dñi Pauli de Macerata Judice di
cti Cois dixit et asseruit ac etiam cum istantia petiit ab eodem Judice ut
ipse Judex procederet et inquireret contra Francisscum Stabilis de maleficiis
commissis in personam Brccardinij vel cuiuscumque alterius persone per
eundem fuisset commissum Cum dictus Francisscus esset laycus et non
oblatus nec conversus dicti monasterii et si quod instrumentum oblationis
appareret quod non creditur dixit ipsum instrumentum esse fictitium et
symulate concessum.

Et ego Thomas Pucciarelli imperiali auctoritate notarius publicus
hiis omnibus interfui et a predicto priore rogatus scripsi et publicavi.


Confesso schiettamente che la prima impressione avuta in-
clinava la mia volontà a derivare da questo documento una prova
sufficiente dell'origine di Cecco da Amandola. A dare poi una
certa parvenza di vero o di probabilità contribuivano due fatti:

l'aver cioè trovato, oltre a due copie diverse della pretesa sen-
tenza emanata contro Cecco in Firenze, più volte il cognome

(') La pergamena conservatissima misura cm. 16 X 22 ed è segnata
col n. 260. Il cod. dipl. di Amandola è ricchissimo di oltre 1000 perga-
mene in copia o in sunto e di alcuni documenti cartacei medievali. Pec-
cato che non sia affatto custodito e conservato!

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degli Stabili in altre pergamene del medesimo archivio (1), e



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(1) Nella perg. n. 28, anno 1241, fra i testimoni di una vendita al

Monastero di S. Anastasio appare Andrea Stabili; nella perg. n. 19, anno 1233, tra i vassalli del detto monastero si leggono Blancone Stabili, Stabili

Arginate e Moricus Stabiles, ecc.

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l’esservi nelle vicinanze di Amandola una villa denominata Acu-

rano (1), nome che, per successive trasformazioni, poteva benis-
simo dar luogo a quello di Ancarano, ove il Colocci asseriva
nascesse Cecco nell'ottobre 1269 (Nota dell’Associazione Culturale “La Cerqua Sacra”:

Ancarano in zona esiste veramente, si trova vicino al Comune sibillino di Preci).

Fu però un'impressione che mi sorrise fugace, rinvenendosi nel-
l’Acerba e nelle altre opere latine dell'Ascolano dichiarazioni
esplicite su il luogo di nascita, dichiarazioni che ricevono con-
ferma nella tradizione e in varie pergamene dei sec. XIII, e XIV,
le quali si conservano nell'ex archivio del Convento di S. Angelo
Magno, passato ora alla Comunale di Ascoli Piceno.

Su di esse stimo utile trattenermi alquanto perché sono
nuove affatto ai biografi dello Stabili, i quali hanno sempre ri-
tenuto che della famiglia di Cecco non si avesse altra notizia
all'infuori di quella riportata dal Marcucci (2).

Nella pergamena dell'11 luglio 1253 incomincia ad appa-
rire uno Stabili fra i testimoni a un testamento. Nel 12 ago-
sto 1265 (Casella n. VII, perg. n. 14), in un atto di vendita
esteso ante domum Pasqualis Stabilis roga Dominicus Stabilis
publicus notarius.
Fra i testi si leggono oltre Pasquale anche
Antonio di Pasquale e Matteo Stabili. Nel 16 agosto 1273
(Cas. VII, perg. n. 16) Jacobus fìlius olim Vincentii Gisonis
Stabilis
fa atto di sudditanza verso il monastero di S. Angelo
per alcune terre situate ad Sanctam Mariam ad Martinum in
plagis
(3) a pede terra quam Berardus Gisonis Stabilis tenet

(1) II nome della villa Acurano compare anche in varie pergamene
del sec. XIII; ved. infatti perg. n. 272, anno 1299, in cui è detta appar-
tenere al distretto di Castel Bisulo, e quindi giurisdizione del monastero
di S. Anastasio in Amandola.

(2) Il Marcucci nel suo Saggio di Storia ascolana scrive che nel 1402
Antonio, figlio di Cola, fratello di Cecco d'Ascoli, governava come podestà
Foligno. Da qualche scrittore si accusava il Marcucci iuniore di aver bru-
ciato, dopo essersene servito, le opere degli storici ascolani anteriori. Io
però ho avuto il piacere di rintracciare nella Bibl. privata delle Suore
Concezioniste uno dei due grossi voll. mss., creduti persi, di Antonio Mar-
cucci seniore, e, nella Biblioteca Comunale di Ascoli, il ms. del Talucci
sulla Storia ascolana.

(3) Le Piagge sono sul dorso del Monte S. Marco, ricordato da Cecco in una sinistra minaccia verso gli Ascolani per l'invidia che li teneva di-
visi miseramente :

L'avara invidiosa mente vostra
oh Marchesani, con le gravi colpe,
secondo che lo cielo mi dimostra,
conduceravvi ne le guerre accese
e lascerete l'ossa con le polpe
entrando l'anno de lo tristo mese.
Da voi sarà l'invidia lontana
quando a la fonte si tornerà il Trunto
e Castellano fia terra esculana.
Si v'ha condutti Becanati e Jesi
che se tornate al ben sarà allor giunto
il monte di S. Marco con Polesi.

(Acerba, lib. II, c. XVI).

I due monti caratteristici e avvivati da pie leggende s'elevano, l'uno
al sud e l'altro a nord, a breve distanza dalla città: unendosi avrebbero
sepolto in sé Ascoli, orrendamente.


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Il più antico documento autentico su Cecco d'Ascoli. 7

a dicto monasterio. Fra i testi appare lo stesso Berardo Sta-
bili.

Nell'11 dicembre 1275 (Casella n. VIII, perg. corrosa n. 30)
rende testimonianza un Magister Johannes Stabilis. In varie
pergamene degli anni 1279 e 1280 (Casella n. VIII e IX) con-
tenenti actus recordationis dicti monasterii, estesi nel Castello
di Ceresia in Valle Castellana, figura, primo sempre, fra i testi
Frater Civitonicus Stabilis. Nel 9 febbraio 1290 una certa
Plantadosa, moglie del fu Giacomo Morici, lascia nel suo testa-
mento 12 vult. a Dopno Benvenuto Slabilis appatrino meo.

Da quest'anno sino a tutto il sec. XIV, non si trova alcun
altro accenno della famiglia Stabili ; si noti però che la maggior
parte degli atti sono estesi non più in Ascoli ma a Montelpare.

Vi sono inoltre pergamene corrose, senza data certa, sempre
del XIII secolo, nelle quali, tra coloro che sono tenuti ad ser-
vitia
verso i monaci di s. Angelo, si nominano Giso Stabilis
che deve unam spallam et longam, tortellam, flavonem, tres
pastuccias,
etc.; Paulus et Giso de beneficio Stabilis Acçonis;

e infine, accanto a Pacificus Johannis Gisonis, anche un Fran-
ciscus Simeonis.
Nelle sentenze apocrife Cecco è detto figlio
dell' Illustrissimo Maestro Simone (1).

(1) II comm. C. Lozzi nul suo Cecco d'Ascoli e la musa popolare, Ce- sari, 1905, scrive che ha trovato (dove?...) un manoscritto contenente il
testamento di un tal Riccardo di Pietralta, villaggio nella Valle Castel-
lana. Il Riccardo si dichiarerebbe figlio di Francesco Stabili.


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Seduta del 19 novembre 1905. — V. Paoletti.

...Tralasciando la tradizione, ancor viva nel popolo che al vi-
sitatore addita un gruppo di case vicino a Porta Romana, nelle
quali vuole vedesse la luce lo Stabili (1), leggiamo nell'Acerba
espressioni di caldo affetto verso

... il bel paese co' li dolci colli.

Ne cito alcune:

Oh madre bella, oh terra mia esculana
fondata fosti nel doppiato cerchio...

Cecco ricorda la valida protezione di S. Emidio verso gli
ascolani, suoi cittadini:

Quel che tu vedi può sentir omai
de li miei cittadin che son politi
e come lepra in lor non fu giammai.
Ben fu possente in loro il sesto signo
e son contento di quel che si dice
c'ha renovato el scritto Sancto Migno.

Il discepolo cui finge parlare nel IV libro, move al maestro
una domanda sulla natura dell'eco, dicendo:

Perchè chiamando in Ascoli tu senti
presso a le mura de le oneste donne
con simil voce rispondere i venti ? (2).

Infine, per non moltiplicare di soverchio le citazioni, Cecco
si compiace farsi chiamare da Dante ascolano, senz’altro.


Dimme, Esculano, quel che tu ne cridi.


(1) II ponte romano che s'inarca ardito sopra il Castellano, è creduto
dal popolino opera di Cecco che l'avrebbe, con l'aiuto di demoni, fabbri-
cato in una sola notte Lo chiamano lu pont’ de mastr' Cicch'.

(2) E noto l'amore dello Stabili verso una suora clarissa di un mo-
nastero di Ascoli, amore che egli nel Commento all'Alcabizzo chiama
amico della voluttà e autore di tutti i mali. In una perg. del 1299 del-
l'Arch. di S. Angelo si legge conventus sce. Marie dominarum ordinis sce
Clare siti extra portam Romanam.

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Il più antico documento autentico su Cecco d'Ascoli. 9

Nelle opere latine poi, dopo la sentenza morale o versetto
biblico che suole premettere ad ogni suo lavoro, lo Stabili si
nomina: ego Cicchus de Esculo (1); e accenna a vari Ascolani
che chiama nostri (2).

Nell’Alcabizzo dichiara esplicitamente il suo paese nativo
Civitas esculana que me genuit humidior est quam sit Bononia (3).
Queste dichiarazioni nette e chiare, confortate dalla tradi-
zione e dalle pergamene dell'archivio di S. Angelo, dovevano natu-
ralmente far sparire d'un tratto la prima impressione avuta e
rivolgere le mie ricerche su d'una via, che credo sia la vera,
o almeno l'unica, la quale possa verisimilmente spiegare la pre-
senza di Cecco in Amandola nell'anno 1297.


*

* *

I numerosi scrittori di storia ascolana si son sempre con-
tentati di ricopiarsi tranquillamente a vicenda, senza iniziare e
svolgere un serio lavoro di ricerca e di esame critico dei pochi
documenti rimasti nell'archivio comunale, dopo l'inconsulto in-
cendio appiccato nel 1535 al Palazzo Anzianale dal Commissario
pontificio G. B. Quieti di Modena.

Quindi non hanno potuto presentarci la successione logica
e coordinata di uno dei periodi più fortunosi di storia cittadina,


(1) Dal De eccentricis et epicyclis che io ho potuto leggere nelle
bozze inviatemi con squisita cortesia dal P. Boffito : Sicut ferrum ferro acuitur sic ignorantia quorundam et virtuosorum ellenat intellectum. Id-circo ego Franciscus de Esculo, etc. Dal
Commento alla Sfera di Sacrobosco: Supra mundi gloriam est post mortem vivere in mentibus humanorum... etc. Idcirco ego Cicchus de Esculo expositiones primo faciam, etc.

(2) Dal Commento all'Alcabizzo: Cum appropinquant ad mortem bene somniant veritatem, et pauci sunt latrones et homicide qui non somnient finem suum et in hoc somniant verum, ut fuit quidam noster Esculanus nomine Angelus, etc.; dallo stesso: Et ex hoc potestis solvere quod multoties a me querebant nostri Escolani quare homo diligit istam et illam, ecc.

(3) Cap. 139 r., 2a col.


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che, conosciuto, ci porge luce sicura nell'esame della perga-
mena (1).

Il Comune di Amandola, favorito dalla posizione e dalla
concordia, aveva iniziato sui primi del secolo XIII, uno sviluppo
maraviglioso, secondato dalle concessioni particolari della S. Sede,
che ne aveva voluto premiare la fede guelfa (2).

Della subita potenza del libero comune amandolese si mo-
strarono gelosi i dinasti circonvicini, specialmente i Signori di
Brunforte e di Monte Passillo. Si accese una lotta vivacissima
che parve sopita nel 1263, quando i De Brunforte furono costretti
ad allearsi colla loro rivale, e Carlo di Monte Passillo a dare
per ostaggi la sua figlia Anfelicia e il nipote Cavatorto di Ugo-
lino. Si preparavano però nascostamente nuove offese, che si ini-
ziarono nel 1288 (3) dai Signori di Monti Passillo che avevano
ottenuta la cittadinanza ascolana, suggellata con feste e con la
parentela di una delle più forti famiglie di Ascoli, i Venibene.

« I nemici degli uni dovevano essere i nemici degli altri »,
e Ascoli, che, per le sue mire di più larghe conquiste sugli Ap-
pennini, teneva molto a questa alleanza, se ne valse subito nella
guerra contro Norcia.

Oltre la ragione di unione offensiva e difensiva, e di pa-
rentela, intercedeva un altro vincolo tra Ascoli e Monte Passillo,
la comunanza cioè di idee politiche, validissima allora che le

(') L'esigenze di una nota accademica non permettono di svolgere
pienamente questo periodo interessantissimo e assai poco conosciuto di sto-
ria ascolana. Io l'ho ricostruito non sugli sconnessi e spesso contradittori
dati lasciati dagli scrittori di memorie cittadine, ma sulle numerose per-
gamene dell'archivio di Amandola, completate e a volte spiegate da quelle
conservata in Ascoli e a Fermo. Spero di pubblicare in una delle riviste
marchigiane un lavoro speciale che presenti un chiaro ed esatto quadro
della vita ascolana del sec. XIII., la quale preparò il costituirsi del Co-
mune, che, tra i primi, ebbe proprie leggi.

(2) Nel 1° giugno 1265 il Card. Simone legato della S. Sede e Ret-
tore del ducato di Spoleto e della Marca (perg. n. 55) riconosce la comu-
nità di Amandola. Per la genesi del rapido sviluppo del Comune ved. per-
gamene n. 353, 376, 33, 46, 47, 50, 56, 58, 59 ecc. del detto archivio.
(3) Perg. n. 160.

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Il più antico documento autentico su Cecco d'Ascoli. 11

vicende dei comuni seguivano il generale movimento politico
dell'Italia tutta (1).

Carlo di Monte Passillo era considerato uno dei capi del
partito ghibellino nelle Marche, e Ascoli lasciava ai Saraceni
di Manfredi saccheggiare i feudi vescovili e capitolari di Anca-
rano e Maltignano, quantunque, tra una scomunica e l'altra, non
ricusasse di prestare un innocuo atto di apparente sudditanza
alla Sede Apostolica.

Questa altalena non deve recarci maraviglia ove si consi-
deri che la potestà spirituale dei Papi, mentre era riuscita a
gettar profonde radici, quella temporale invece, ancora per tutto
il sec. XIII, si riduceva a ben poca cosa (2).

Amandola intanto, accertasi del grave pericolo che le so-
vrastava, assolda uomini, e, come fedeli figli di S. Chiesa vo-
lendo e bramando resistere alla malizia e pertinacia dei ribelli
ascolani con rimedi e risoluzioni opportune, onde conservarsi
più sicuramente nella fedeltà di detta Chiesa
(3), nell'otto-
bre 1293, con più di mille armati, a suon di trombette e con
i vessilli spiegati, marcia improvvisamente contro M. Passillo.
Dopo un assalto vigoroso il borgo viene distrutto e Carlo pie-
namente sconfitto (4).

(1) Francesco Lanzani nella Storia dei Comuni, dalle origini al 1313.
vol. II, part. II, ed. Vallardi, Milano, scrive: " II vincolo tra la storia
interna e l'esterna del Comune della seconda metà del secolo XIII è sempre
dato dalla contesa guelfo ghibellina”.

(2) Infatti, come nota Francesco Schupfer nella Storia del diritto
italiano,
altro era la sovranità, altro il governo che rimaneva in mano della
città, per cui ogni terra aveva un'esistenza propria individuale.

(3) Perg. n. 185.

(4) Perg. n. 191. “ ... ipsum Castrum, Roccam et Burgum ipsius Ca-
stri expugnasse et per vim capisse et domos palatia et molendina destru-
xisse et cremasse, et ejusdem Castri homines et personas expoliasse et de-
rubasse et in carcere tenuisse et aliquos occidisse et vulnerasse et alias
graves injurias intulisse ... “. Un teste dice (perg. n. 193): ''dum staret
de mane in domo sua vidit fere mille armatos lancis tabulaccis cervelleriis
et aliis armis venientes, et trombetta sonando ad modum exercitus, qui di-
cebant cum maximo rumore “a la terra, a la terra". Audivit homines dicti,
Castri M. Passilli qui gridabant et dicebant " succurite, succurite quia, ecce

homines qui expugnant Castrum» ecc.


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Il Rettore della Marca assolte gli Amandolesi in caso da
ogni possibile censura, perché, egli dice loro " praedicta non
alia de causa feceritis nisi pro Vestri tutione
(1).

Nel dicembre dello stesso anno, mentre Carlo, passato il
primo momento di stupore, si apparecchiava ad adunare i suoi
vassalli e ad assoldar gente dal di fuori, Amandola, guidata
dal Podestà Guidone, che per essere di Norcia doveva vendi-
carsi anch'esso su gli Alleati di Ascoli, attacca di nuovo all'im-
provviso M. Passillo. Due giorni durò e aspra la battaglia; Carlo
insieme a Giacomo e Saladino di Belvedere, dinasti ascolani, è
sconfitto. Ascoli, ghibellina e alleata, accorre con slancio in difesa
dei vinti; nel luglio 1294 con numerosa gente pone mano ai
restauri del rovinato castello di Monte Passillo, e nel frattempo
cinge d'assedio Amandola e devasta il suo territorio (2). Dopo
pochi giorni di resistenza gli Ascolani riescono a prenderla e la
saccheggiano, vendicandosi completamente. Invano il Rettore
della Marca anconitana intima loro più volte di comparire in
giudizio: Ascoli non solo seguita a riedificare il borgo e a for-
tificare il castello dei suoi alleati, ma istituisce dei mercati set-
timanali perché sempre più viva si mantenga la relazione con
M. Passillo (3).

(1) Perg. n. 185. II Rettore scrive tra l'altro "... ad Terram vestram,
quam propriis manibus ac sumptibus plantayit Eccla, nephandos actus ipso-
rum et manus temerarias extendere, prout publicum et notorium est in
Provincia Marchiae, praesumpserunt ». Scusa infine l'operato di Amandola
perché ha troncato ai nemici della Chiesa “ futurae spei fiduciam ».

(2) Perg. n. 219. II Vicario cosi scrive al Comune di Ascoli "...ve-
stris nunc finibus non contenti Castrum temere occupastis ... " ; e nella
condanna: "... ipsi de presenti mense Agusti hostiliter et modo praedonio
cum tubis et banneriis explicatis armatis manibus fecerunt exercitum et
cavalcatam contra castrum Furcis et castrum Amandulae... illaque castra
expugnaverunt et debellaverunt percutiendo et occidendo homines illosque
praedando et expoliando capiendo et ligando et ipsos captos et ligatos du-
cendo ac etiam incidendo arbores et vineas, comburendo domos et cassi-
nas... ecc. ».

(3) L'intenzione degli Ascolani è espressa nella lettera citata del Go-
versatore: « deliberavistis quod certa pars gentium Vestre Civitatis atque districtus sub quodam colore vel nomine Fori ad d. Castrum M. Passilli
et in ejus territorio se debeant congregare ad hoc ut vestrum propositum
complere et exequi voleritis in Bcclae Rom. diminutionem . .. ».


(325)


Il più antico documento autentico sa Cecco d'Ascoli. 13


Nel 1295 e 1296 il Vicario Generale Duranti minaccia la
scomunica e l'interdetto per « turbationem pacifici Status Pro-
vinciae Marchiae ".

Per tutta risposta Ascoli occupa a nome suo M. Passillo e
il Castello di M. Cretaccio. Fermo, gelosa, muove lagnanze alla
S. Sede, che ordina al Governatore di reggere e custodire i detti
Castelli. Il comandi però di Bonifacio VIII non può venir posto
a compimento, perché gli Ascolani continuano a tenere M. Pas-
sillo e a molestare Amandola, la quale, dopo varie vicende, nel
settembre 1310, sotto la pena del bando e la multa di 100 mar-
chi d'argento, è incaricata dal Governatore Gualtiero de' Tatti
di distruggere M. Passillo dalle fondamenta così che non vi ri-

manga neppur la memoria del suo nome (1).


*

* *

II rapido sguardo sulle fiere e laboriose rivalità che tennero
in agitazione continua e profonda i due forti Comuni marchi-
giani non è stato superfluo, perché dimostra la verisimiglianza
della presenza dello Stabili in Amandola nel 1297, mentre cioè
più acuta ferveva la lotta e più numeroso era il concorso degli
Ascolani alle fiere e ai mercati, istituiti per tenere più vivo il
contatto fra gli alleati.

Cecco era giovane, poco più che ventisettenne, e di natura
fervida e impetuosa; ghibellino lo dice il Colocci e ghibellino


(1) Perg. n. 437 : “... volens Esculanorum rebellium et exbandito-
rum S. R. Ecclae antiquam perfidiam edomare et sententiam latam contra
eosdem in quantum potest executioni mandare: attente quidem considerans
quod Castrum Passilli detentum hactenus per Esculanos predictos in huju-
smodi rebellione ac offensione fidelium plurimus fovebat eosdem precepit
et mandavit Comuni Amandule ad penam et bannum mille march. arg. qua-
tenus omni mora et occasione postposita, Castrum M. Passilli pred. debeant
destruere funditus et totaliter demoliri, taliter quod nulla ibi remaneat vel
appareat memoria de eodem”.

(326)


ardito lo Stabili si mostra nell’Acerba, ove rinfaccia a Carlo
d'Angiò l'eccidio di Corradino e ripone tutta quanta la sua fiducia
patriottica nella famiglia Colonna, sulla quale pesava ancora la
scomunica di Bonifacio VIII, e nelle sue poesie volgari in cui
si lamenta sfiduciato del guelfismo che trionfa e s'afforza ogni
giorno più (1).

Non deve quindi recar maraviglia se tra la balda gioventù
che accorreva entusiasta a vendicare gli alleati contro Amandola
guelfa vi fosse anche Cecco, giovane ardente e ghibellino, e
specialmente in quel tempo in cui totum Esculum venit in obsi-
dionem Amandule.

A ciò si aggiunga che lo Stabili, nelle sue opere, l'unico
che ricordi col proprio nome è Giovanni Venibene, quello stesso,
che, giovane, aveva preso parte attiva alla guerra e sposato An-
felicia figlia di Carlo di M. Passillo, castello che diventò più
tardi, in parte, sua proprietà (2).

Un accenno poi a quei signorotti irrequieti, che, chiusi nei
loro castelli a guardia sugli Appennini e tutti pieni della loro
nobiltà, tenevano agitata la provincia marchigiana, si scorge nei
seguenti versi dell’Acerba che il Carducci ha giudicato non privi
di efficacia e di grazia:

Quello è gentil che per sé sa valere
e non per sangue de l'antica gente
..... e dico contra quilli
che dicono: noi siamo gentil nati
fedeli avémo già ben più di milli,
in cotai monti fur nostre castelle,
movendo il capo con li cigli arcati
facendo de lor sangue gran novelle.

() Ai Colonna dice : " Subita spada col gigliato grido — faravvi
onore nel terren romano — e terranno i nemici il becco al nido ". Nel so-
netto a Cino da Pistoia:

O messer Cino, io veggio ch'è discorso
lo tempo omai che pianger si convene,
poi che la setta che il vizio mantene
par che dal cielo ognor abbi soccorso.

(2) Sfera di Sacrobosco.

(327)


Il più antico documento autentico su Cecco d'Ascoli. 15


Infine come mai lo Stabili, che i biografi fanno partire da Ascoli
appena quindicenne per iniziare quegli studi cui attese ininter-
rottamente per tutta la vita, potrebbe rappresentarci in modo
così vivo il quadro delle lotte intestine, che prorompevano con-
tinue sotto l'effusa serenità del cielo italiano? Come avrebbe
potuto levare, nell'accoramento profondo dell'animo, sì sdegnosa
la parola verso la matre sua, terra esculana, se non avesse vis-
suto quella vita di guerre che facevano sanguigni i campi e
infocati i monti adorni
del Piceno? (1).

Solo una presenza non fuggitiva poteva dettargli quei versi
efficacissimi, con i quali descrive le vittime delle lotte fratricide
che lasciavano nella desolazione

e gli orfani e le vedova e i pupilli,
chiamando Dio nel loro amaro pianto
strappando con le mani i lor capilli ;

e fargli desiderare che su quel sobbollimento di passioni una luce
dominasse, la ragione, e una virtù alitasse animatrice, l'amor
fraterno :

piuttosto perdonar che far vendetta
questa è la carità del dolce loco
che de l'eterna pace il bene aspetta.


*

* *

La pergamena, confortata dalle precedenti considerazioni
tratte dalla vita ascolana in quel tempo e dall'esame interno
delle opere dello Stabili, dimostra che egli passò la massima
parte della sua età virile in patria. I dati contrari che si po-
trebbero desumere da tutte le biografie leggendarie dell'Ascolano
non hanno, come vedremo, alcun serio valore obbiettivo.

(1) Io pur te plango, dolce mio paese,
che non so chi nel mondo ti conserba
facendo contra Dio cotante offese.

Verrà lo tempo de li tristi giorni
di guerre che faran sanguigni i campi
et infocati i tuoi monti adorni.

E tutti li tuoi nervi perderai
se ciò si allunga, però tu non campi
senza rimedio nullo piangerai.

(328)


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Seduta del 19 novembre 1905. — V. Paoletti.

Per procedere nella dimostrazione più spediti e chiari, stimo
opportuno riportare quasi in uno stecchito catalogo le sole no-
tizie, desume da documenti certi, le quali si hanno intorno alla
vita di Cecco.

I. Alidosi Pasquali (1) scrive; « Cecco da Ascolo, 1322,
lesse con gran fama et universale plauso sin' al 1325
».

II. C. Ghirardacci (2) sotto l'anno 1324 ci attesta che
« nello studio di Bologna maestro Cecco da Ascoli leggeva
Astrologia con il salario di 100 lire".

III. Enoch d'Ascoli (3) fa risalire la nascita di Cecco
al 1269 e la morte nel 1327. La data certa della morte ci è
attestata inoltre dal Villani (4) e dal libro delle entrate e delle
spese dell'inquisitore fiorentino negli anni 1322-29 (5).

Tranne questi dati null'altro vi è di veramente certo o at-
tendibile nelle biografie dell'Ascolano: le stesse sentenze che si
hanno sono copie del sec. XVII, e in esse non concorda nem-
meno la breve e insignificante parte biografica, perché, ad es.,
mentre alcune chiamano il padre dello Stabili illustrissimo
maestro Simone,
altre invece onesto artigiano.

Il primo scrittore, che tratti con una certa larghezza della
vita di Cecco, è il Colocci, umanista marchigiano. I suoi appunti,
non elaborati e involuti in una tessitura di prosa esornativa e
oscura, presentano due aspetti diversi: il veritiero e il fanta-
stico.

Ne diamo solo la parte che riguarda direttamente la bio-
grafia doll'Ascolano: « Honesti parenti ma povero, come scrive

( ) Li dotti forestieri che in Bologna hanno letto. Tebaldini, 1523.

(2) Della Historia di Bologna, 3 voli. in folio, 1596, t. II, pagg.56
e 66. Abbiamo inoltre la testimonianza stessa dello Stabili che nel De ec-
centricis et epicyclis
così parla agli scolari: «... ut vidistis de Saturno
qui erat in 13 gradu tauri in die Augusti in annis Christi 1322 incepit
retrogradari et venit usque ad Plindem scilicet Gallinam que est decimus
gradus tauri, sub quo fuit ista Bononia edificata”.

(3) Appunti letterari del Colocci.

(4) Croniche Fiorentine, 1. X, c. 40

(5) Dayidsohn. Un libro di entrata e spese dell'inquisitore 1322-29
nell'Archivio stor. ital., fasc. 222, serie 5a, t. XXVII, pagg. 346-55.


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Il più antico documento autentico su Cecco d'Ascoli. 17

Enoch vicino a quella età. Nacque nel 1269 e morì nel 1327...
— Nacque in Ancarano (*) villa di Ascoli dove la madre gravida andando ad certe solenne feste (**) ad imitatione dell'autique, perché
opinione certa è che qui fusse già el tempio de Anchera dea,
nacque in questo gaudio ne' prati colui che in prato in pena
dovea morire. Non pianse el fanciullo senza officio d'ostetrice...
Era pervenuto al tempo quando le lettere imparare l'età am-
monisce: decte di sé grandissimi segni et espressioni di me-
moria et ingegno, era in stupore et admiration de tucti... —
Arrivato alli 15 anni, havendo in Ascoli dato opera alla gram-
matica, andò a Salerno in quel tempo florida; et socto... stato
alquanto ad Parigi se trasferì e poi ad Bologna... et pervenne
in tanta admiration de popoli che non altramente era admirato
che una cosa immortale: ognuno convertiva in istupore... —
Quivi lesse molti anni ad quel popolo: era ghibellino. Et ti-
rato dalle amenità andò in Firenze per tre anni, dove era in-
veterata inimicitia de docti et vulgare opinion contra docti
tutti; pur traeva tucti in admiratione.. . ».

Spogliati gli appunti dell'umanista iesino di tutta la esu-
berante veste di erudizione, che per amor di brevità abbiamo
tralasciata, e di tutto l'entusiasmo di lode tributato all'ingegno
di Cecco, non ci rimangono che quattro dati biografici, specifici
e netti :

a) Lo Stabil nacque da poveri ma onesti genitori nel
1269;

bi) in Ancarano, villa che dista da Ascoli una ventina di
chilometri;

c) quindicenne, dopo aver studiato grammatica in patria,
si trasferì a Salerno e poi, per alquanto, a Parigi ;

d) dall'Università di Parigi passò a quella di Bologna e
indi a Firenze.

Non ci fermeremo ad esaminare il punto d, indiscusso, e
quello b, perché, anche tralasciando il fatto che Cecco non ac-
cenna mai nelle sue opere la circostanza singolare della nascita,
e né in Ancarano né in Ascoli s'è conservata mai la tradizione
di siffatto avvenimento, il racconto sa troppo di fantastico.


(*) Nota dell’Associazione Culturale “La Cerqua Sacra”: E’ sicuro? Non potrebbe essere Ancarano vicino Preci?

(**) Nota dell’Associazione Culturale “La Cerqua Sacra”: Potrebbe essere la celtica” Beltine? L’attuale Calendimaggio, che ancora si celebra nel Comune di Preci.


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18 Seduta del 19 novembre 1905. — V. Paoletti.

A conforto della prima affermazione (lett. a) il Colocci — e,
si noti bene, solo a riguardo di quella notizia particolare — cita
la testimonianza di Enoch, nato sulla fine del XIV sec. E noi
l'accettiamo pienamente per la grave autorità del fortunato
esploratore di codici ascolano.

Non si può però, secondo le regole della sana critica, pre-
star fede in alcun modo alla narrazione di cui alla lett. c.

La ragione prima e decisa viene desunta dal testo della
pergamena del 1297, la quale dimostra : 1° la presenza di Cecco
nell'Ascolano in quel tempo appunto in cui il Colocci lo fa dimo-
rare a Salerno ; 2° la grande probabilità che quella presenza non
fosse di pochi giorni, accidentale, ma abituale.

Inoltre si devono tener presenti alcuni altri rilievi razionali,
pur essi importanti.

II racconto del Colocci, ove si consideri attentamente, scopre
un inganno che deriva dalla voluta preoccupazione dello scrittore
di poter aggiungere, quando che sia, quella data notizia la quale
procuri alla persona di cui si parla con entusiasmo una qualche
importanza o interesse. Ed è un gioco ormai scoperto che si ri-
scontra in molti altri biografi.

A parte la considerazione che Salerno era molto più distante
di altre Università maggiormente gloriose, e, mi si perdoni la
frase, fuori di via; a parte ancora che Salerno fioriva in special
modo per la medicina, e Cecco, checché ne dicano alcuni, non fu
mai medico (*), occorre rilevare due fatti.

Primo: lo Stabili mentre nelle sue opere parla di moltis-
sime città dell' Italia settentrionale e centrale, della loro vita e
degli astri che presiedettero alla loro fondazione e influirono sul
loro mantenimento, non ha alcuno accenno per quelle meridionali,
e molto meno per Salerno, che, presentando aspetti nuovi, doveva
pur suscitare in lui giovane impressioni vive e durature.

Secondo: Cecco della sua città natale e dei suoi dintorni
mostra, specialmente nell’Aceróa, una conoscenza così estesa,
accenna a particolari così minuti, che un giovane quindicenne,
dedito allo studio dentro le patrie mura, difficilmente poteva
cogliere e ricordare con sì fedele esattezza.

"Ed ora brevi parole che —per quanto ci è dato desumere


(*) Nota dell’Associazione Culturale “La Cerqua Sacra”: E’ sicuro?

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Il più antico documento autentico su Cecco d'Ascoli. 19

dal complesso razionale delle circostanze — dilucidino e spie-
ghino il contenuto della pergamena,

II reato che con istanza si chiede al giudice di inquisire
viene espresso con una locuzione molto generica, indeterminata.
Fra Benvenuto domanda al giudice di Amandola : « ut procederet
et inquireret contra Franciscum Stabilis de maleficis commissis
in personam Brocardini vel cuiusque alterius personae per eundem
fuisset commissum ».

II cap. De maleficiis in tutti gli statuti municipali del
sec. XIII contempla variatissime figure di reato. F. Schupfer
esaminando alcuni statuti toscani di quel tempo, i quali, salvo
lievi modificazioni tutte locali, conservano moltissima simiglianza
con quelli marchigiani, scrive in proposito " Il De maleficiis
contemplava le eresie e le bestemmie, le stregonerie, le offese
recate ai pubblici officiali, gli assembramenti, gli aiuti ai ban-
diti, gli incendi, la falsificazione di monete e di carte, le testi-
monianze false, le uccisioni, i ferimenti, le ingiurie, il ratto
delle donne e gli stupri e anche contravvenzioni di polizia".

Se la pergamena fosse stata scoperta non molti anni addietro
forse Cecco sarebbe stato subito sospettato di qualche stregoneria,
ma ora che gli ultimi studi più sereni e accurati hanno tolto
decisamente la figura dello Stabili da quello strano velo di fio-
rita leggenda, avvivata da maravigliosi prodigi magici, cadrebbe
qualsiasi ipotesi in questo senso.

L'età virile, la natura fervida e impulsiva, l'entusiasmo per
un'idea politica accarezzata e sentita fortemente per tutta la vita,
e, infine, la circostanza di tempo di lotta vivissima tra Amandola
guelfa ed Ascoli ghibellina, ci inclinano a far cadere la scelta,
fra i vari reati contemplati dal De maleficiis, nelle ingiurie e
nel ferimento.

Infatti i danni inferti alla persona di quel tal Brocardino
e quelli per avventura che Cecco avesse potuto recare a qual-
siasi altra persona, non dovettero essere veramente grandi, perché
altrimenti il Priore li avrebbe meglio specificati, e la querela,
trattandosi di un colpevole di un paese nemico, avrebbe avuto,
sia pure inefficacemente, un seguito. Ciò che non appare, non
rinvenendosi alcun altro accenno dello Stabili nelle pergamene

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Seduta del 19 novembre 1905. — V. Paoletti.

di quell'epoca, le quali si conservano numerose nell'archivio di
Amandola e si succedono ininterrottamente, collegandosi e spie-
gandosi a vicenda.

Risulta del resto in modo assai trasparente dal contesto
della pergamena, che il Priore del monastero di S. Leonardo si
querela non tanto per i danni indeterminati recati verso un'in-
determinata persona o verso qualunque altro dallo Stabili, quanto
per smentire l'affermazione di Cecco o la diceria che questi fosse
oblato nel suo monastero.

Cum dictus Franciscus esset laycus et non oblatus nec
conversus dicti monasterii et si quod instrumentum oblationis
appareret (il Priore non crede a questa voce) quod non creditur,
dixit ipsum instrumentum esse fictitium et symulate concessum ».

Fra Benvenuto desidera quindi unicamente che da quel
fatto commesso da Cecco non venga a ricadere sulla comunità
cui dirige nessuna macchia e non si susciti in quelle popolazioni
religiose alcuna ammirazione,.

La scena si potrebbe anche ricostruire con molta verisi-
miglianza. Lo Stabili in quel di Amandola o anche nel territorio
stesso del ….….. castello di M. Passillo (1) che, per alcune ces-
sioni, doveva essere sotto la parziale giurisdizione degli Aman-
dolesi, avrà avuto da che dire con quel tal Brocardino, che
senza dubbio partecipa dell'altra frazione politica e in lotta. La
discussione si sarà man mano accesa ed acuita, e lo Stabili,
pronto di man come di lingua, sarà trascorso alle vie di fatto.

Per scongiurare poi sul momento qualsiasi pericolo o rap-
presaglia cercò al nome del monastero di S. Leonardo di Gu-
lubrio, il più nascosto e lontano (2), il modo di cavarsela li-
ciamente.

(1) M. Passillo distava da Amandola poco più di due miglia.
(2) Del monastero di S. Leonardo rimangono ancor oggi i ruderi, alle
falde della famosa montagna della Sibilla. Nelle notizie amandolesi lasciate
inedite dal Ferranti, che sono ora,conservate dall'egregio ing. C. Pascucci,
si legge: “Drusiana figlia del Conte Alberto, maritata al nobile Malagotti
di Piobbico, nel 1134 fabbricò il monastero e chiesa di S. Leonardo, che,
col Castello Golubro o Volubro, donò all'abbazia di S. Croce all'Avellana ».

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Il più antico documento autentico su Cecco d'Ascoli. 21

Dopo questa scappata giovanile lo Stabili, già istruitesi in
patria (1), si recò con molta probabilità direttamente a Bologna,
ove nel 1322 lo vediamo già insegnante di astrologia.


*

* *

Questa Nota illustrativa, frutto di ricerche dirette, avrà
dimostrato, io spero, tutta l'importanza della pergamena ch'io
ho avuto la fortuna di far conoscere per primo ai biografi del-
l'Ascolano.

Il documento infatti, oltre ad essere il più antico e au-
tentico, reca una nuova luce nella biografia dello Stabili, fon-
datasi fino ad ora su narrazioni fantastiche e leggendarie; ha
determinato che si conoscesse un'interessante pagina di storia
ascolana; e, infine, apre una nuova e sicura via a successive e
più diligenti ricerche nei nostri archivi pubblici e privati, ancora
quasi del tutto inesplorati.

(1) Emidio Luzi (L'università degli Studi in Ascoli, Jesi, Pierdicchi,
1891) crede che una regolare Università fosse eretta in Ascoli da Nicolo IV.
Il medesimo autore (Compendio di Storia Ascolana, Ascoli, Cesari, 1889)
pone Cecco tra gli allievi di detto studio generale. In ogni modo è accer-
tato che in Ascoli splendesse in quel tempo-qualche luce di cultura.


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