IL PIU’
ANTICO DOCUMENTO AUTENTICO
SU CECCO D’ASCOLI
NOTA
di
Vincenzo Paoletti
ROMA
Tipografia
della R. Accademia dei Lincei
1906
*******************
Rendiconti
della R. Accademia dei Lincei
Classe
di scienze morali, storiche e filologiche.
Estratto dei rendiconti, vol. XIV, ser. 5a, fasc. 11. Seduta del 19
novembre 1905.
*******************
Intorno
al poeta e astrologo Francesco Stabili, più noto sotto
il
nome di Cecco d'Ascoli, si è svolta in questi ultimi anni
una
fiorita di studi diligenti, dovuta a persone di diverso
sentire
politico e religioso, la quale ha suscitato un
interessamento così
vivo ed efficace che, di giorno in
giorno, abbiamo visto crescere
sensibilmente il patrimonio
letterario dell'infelice Ascolano, bru-
ciato vivo come eretico in
Firenze il 16 settembre 1327 (').
Però se, dall'esame delle
opere, la figura di Cecco è potuta
in gran parte uscire
dalla strana leggenda di mago sovrapposta
alla sua memoria, pure,
nella mancanza di notizie sicure intorno
alla sua fortunosa vita,
rimaneva ancora in una luce incerta e
non definita.
Il Castelli esumava, è vero,
dal codice Vaticano n. 4831 (2),
alcuni appunti
letterari di mons. Angelo Colocci di Jesi, nato
(')
Infatti al poema volgare l'Acerba
e al commento latino alla Sfera
di Sacrobosco,
uniche opere dello Stabili conosciute, si sono aggiunti in
questi
ultimi giorni il De principiis
astrologiae,
il De eccentricis et epi-
cyiclis
—
scavati dal P. Boffito il primo nella Vaticana, cod. 2366. e
il
secondo nella Palatina di Parma, cod. 984 — e, infine, un
piccolo trattato
sulla Fisonomia scritto in calce ad un
codice miniato dell’Acerba (Lauren-
ziana, n. 52,
plut. 40) che ho dimostrato, nel Saggio
critico su Cecco
d’Ascoli
edito dallo Zanichelli, 1905, doversi anch'esso attribuire con
cer-
tezza all'Ascolano.
(2)
Estratto dal Giornale storico della
Letteratura Italiana,
1890,
vol. XV, p. 251, e riportato poi, in modo più
completo, nel La vita e le
Opere di Cecco d'Ascoli,
Bologna, Zanichelli, 1892.
(316)
Seduta del 19 novembre 1905. — V. Paoletti.
circa un secolo e mezzo dalla morte
violenta dell'Ascolano, i
quali mettevano un certo ordine nella
biografia dello Stabili;
ma il racconto sapeva troppo di
leggenda e non era quindi lecito
affidarsi ad esso minimamente.
Allo scrivente capitò la
fortuna di scoprire e decifrare nel-
l'ottobre di quest'anno una
pergamena dell'archivio municipale
di Amandola (1),
contenente una querela sporta contro Cecco dal
priore del
monastero di S. Leonardo de Gulubrio per malefici
commessi
verso la persona di un tal Brocardino.
Prima di procedere alla breve
illustrazione dell'interessante
documento, che è il più
antico che abbiamo sullo Stabili recando
la data del 1297, ne dò
la riproduzione tratta da una fotografia,
e il contenuto.
In Dei nomine.
Amen. Anno Dñi millesimo ducentesimo nonagesimo
septimo. In
dictione decima. tempore Dñi Bonifacii PP. octavi. die
sexto
intrantis mensis Agusti. Actum Amandule in domo Cois
Amandule presen-
tibus Falco Omodei et Jacobo Gualterii testibus
ad hoc specialiter vocatis
et rogatis. Dopnus Benevemus prior
monasterii Sci Leonardi de gulubrio
existens coram sapiente viro
dño Nicola dñi Pauli de Macerata Judice di
cti Cois
dixit et asseruit ac etiam cum istantia petiit ab eodem Judice
ut
ipse Judex procederet et inquireret contra Francisscum Stabilis
de maleficiis
commissis in personam Brccardinij vel cuiuscumque
alterius persone per
eundem fuisset commissum Cum dictus
Francisscus esset laycus et non
oblatus nec conversus dicti
monasterii et si quod instrumentum oblationis
appareret quod non
creditur dixit ipsum instrumentum esse fictitium et
symulate
concessum.
Et ego Thomas
Pucciarelli imperiali auctoritate notarius publicus
hiis omnibus
interfui et a predicto priore rogatus scripsi et publicavi.
Confesso schiettamente che la prima
impressione avuta in-
clinava la mia volontà a derivare da
questo documento una prova
sufficiente dell'origine di Cecco da
Amandola. A dare poi una
certa parvenza di vero o di probabilità
contribuivano due fatti:
l'aver cioè trovato, oltre a
due copie diverse della pretesa sen-
tenza emanata contro Cecco
in Firenze, più volte il cognome
(')
La pergamena conservatissima misura cm. 16 X 22 ed è
segnata
col n. 260. Il cod. dipl. di Amandola è ricchissimo
di oltre 1000 perga-
mene in copia o in sunto e di alcuni
documenti cartacei medievali. Pec-
cato che non sia affatto
custodito e conservato!
(317)
degli Stabili in altre pergamene del medesimo archivio (1), e
|
|
|
(1) Nella perg. n. 28, anno 1241, fra i testimoni di una vendita al
Monastero di S. Anastasio appare Andrea Stabili; nella perg. n. 19, anno 1233, tra i vassalli del detto monastero si leggono Blancone Stabili, Stabili
Arginate e Moricus Stabiles, ecc.
(318)
l’esservi nelle vicinanze di Amandola una villa denominata Acu-
rano
(1), nome che, per successive trasformazioni, poteva
benis-
simo dar luogo a quello di Ancarano, ove il Colocci
asseriva
nascesse Cecco nell'ottobre 1269 (Nota
dell’Associazione Culturale “La Cerqua Sacra”:
Ancarano in zona esiste veramente, si trova vicino al Comune sibillino di Preci).
Fu però un'impressione che mi
sorrise fugace, rinvenendosi nel-
l’Acerba e nelle
altre opere latine dell'Ascolano dichiarazioni
esplicite su il
luogo di nascita, dichiarazioni che ricevono con-
ferma nella
tradizione e in varie pergamene dei sec. XIII, e XIV,
le quali si
conservano nell'ex archivio del Convento di S. Angelo
Magno,
passato ora alla Comunale di Ascoli Piceno.
Su di esse stimo utile trattenermi
alquanto perché sono
nuove affatto ai biografi dello
Stabili, i quali hanno sempre ri-
tenuto che della famiglia di
Cecco non si avesse altra notizia
all'infuori di quella riportata
dal Marcucci (2).
Nella pergamena dell'11 luglio 1253
incomincia ad appa-
rire uno Stabili fra i testimoni a un
testamento. Nel 12 ago-
sto 1265 (Casella n. VII, perg. n. 14), in
un atto di vendita
esteso ante domum Pasqualis Stabilis
roga Dominicus Stabilis
publicus notarius. Fra i testi si
leggono oltre Pasquale anche
Antonio di Pasquale e Matteo Stabili.
Nel 16 agosto 1273
(Cas. VII, perg. n. 16) Jacobus fìlius
olim Vincentii Gisonis
Stabilis fa atto di sudditanza verso il
monastero di S. Angelo
per alcune terre situate ad Sanctam
Mariam ad Martinum in
plagis (3) a pede terra
quam Berardus Gisonis Stabilis tenet
(1)
II nome della villa Acurano compare anche in varie pergamene
del
sec. XIII; ved. infatti perg. n. 272, anno 1299, in cui è
detta appar-
tenere al distretto di Castel Bisulo, e quindi
giurisdizione del monastero
di S. Anastasio in Amandola.
(2)
Il Marcucci nel suo Saggio di
Storia ascolana scrive che nel
1402
Antonio, figlio di Cola, fratello di Cecco d'Ascoli,
governava come podestà
Foligno. Da qualche scrittore si
accusava il Marcucci iuniore di aver bru-
ciato, dopo essersene
servito, le opere degli storici ascolani anteriori. Io
però
ho avuto il piacere di rintracciare nella Bibl. privata delle
Suore
Concezioniste uno dei due grossi voll. mss., creduti persi,
di Antonio Mar-
cucci seniore, e, nella Biblioteca Comunale di
Ascoli, il ms. del Talucci
sulla Storia ascolana.
(3)
Le Piagge sono sul dorso del Monte S. Marco, ricordato da
Cecco in una sinistra minaccia verso gli
Ascolani per l'invidia che li teneva di-
visi miseramente :
L'avara
invidiosa mente vostra
oh Marchesani, con le gravi colpe,
secondo
che lo cielo mi dimostra,
conduceravvi ne le guerre accese
e
lascerete l'ossa con le polpe
entrando l'anno de lo tristo
mese.
Da voi sarà l'invidia lontana
quando a la fonte si
tornerà il Trunto
e Castellano fia terra esculana.
Si
v'ha condutti Becanati e Jesi
che se tornate al ben sarà
allor giunto
il monte di S. Marco con Polesi.
(Acerba, lib. II, c. XVI).
I
due monti caratteristici e avvivati da pie leggende s'elevano,
l'uno
al sud e l'altro a nord, a breve distanza dalla città:
unendosi avrebbero
sepolto in sé Ascoli, orrendamente.
(819)
Il più antico documento autentico su Cecco d'Ascoli. 7
a dicto monasterio. Fra i
testi appare lo stesso Berardo Sta-
bili.
Nell'11 dicembre 1275 (Casella n.
VIII, perg. corrosa n. 30)
rende testimonianza un Magister
Johannes Stabilis. In varie
pergamene degli anni 1279 e 1280
(Casella n. VIII e IX) con-
tenenti actus recordationis dicti
monasterii, estesi nel Castello
di Ceresia in Valle
Castellana, figura, primo sempre, fra i testi
Frater
Civitonicus Stabilis. Nel 9 febbraio 1290 una certa
Plantadosa,
moglie del fu Giacomo Morici, lascia nel suo testa-
mento 12 vult.
a Dopno Benvenuto Slabilis appatrino meo.
Da quest'anno sino a tutto il sec.
XIV, non si trova alcun
altro accenno della famiglia Stabili ; si
noti però che la maggior
parte degli atti sono estesi non
più in Ascoli ma a Montelpare.
Vi sono inoltre pergamene corrose,
senza data certa, sempre
del XIII secolo, nelle quali, tra coloro
che sono tenuti ad ser-
vitia verso i monaci di s. Angelo,
si nominano Giso Stabilis
che deve unam spallam et
longam, tortellam, flavonem, tres
pastuccias, etc.; Paulus
et Giso de beneficio Stabilis Acçonis;
e
infine, accanto a Pacificus Johannis Gisonis, anche un
Fran-
ciscus Simeonis. Nelle sentenze apocrife Cecco è
detto figlio
dell' Illustrissimo Maestro Simone (1).
(1)
II comm. C. Lozzi nul suo Cecco
d'Ascoli e la musa popolare,
Ce- sari, 1905, scrive che ha trovato
(dove?...) un manoscritto contenente il
testamento di un tal
Riccardo di Pietralta, villaggio nella Valle Castel-
lana. Il
Riccardo si dichiarerebbe figlio di Francesco Stabili.
(320)
Seduta del 19 novembre 1905. — V. Paoletti.
...Tralasciando la tradizione, ancor
viva nel popolo che al vi-
sitatore addita un gruppo di case
vicino a Porta Romana, nelle
quali vuole vedesse la luce lo
Stabili (1), leggiamo nell'Acerba
espressioni di
caldo affetto verso
... il bel paese co' li dolci colli.
Ne cito alcune:
Oh madre bella, oh terra mia
esculana
fondata fosti nel doppiato cerchio...
Cecco ricorda la valida protezione
di S. Emidio verso gli
ascolani, suoi cittadini:
Quel che tu vedi può sentir
omai
de li miei cittadin che son politi
e come lepra in
lor non fu giammai.
Ben fu possente in loro il sesto signo
e
son contento di quel che si dice
c'ha renovato el scritto Sancto
Migno.
Il discepolo cui finge parlare nel
IV libro, move al maestro
una domanda sulla natura dell'eco,
dicendo:
Perchè chiamando in Ascoli tu
senti
presso a le mura de le oneste donne
con simil voce
rispondere i venti ? (2).
Infine, per non moltiplicare di
soverchio le citazioni, Cecco
si compiace farsi chiamare da Dante
ascolano, senz’altro.
Dimme, Esculano, quel che tu ne cridi.
(1)
II ponte romano che s'inarca ardito sopra il Castellano, è
creduto
dal popolino opera di Cecco che l'avrebbe, con l'aiuto di
demoni, fabbri-
cato in una sola notte Lo chiamano lu pont’
de mastr' Cicch'.
(2)
E noto l'amore dello Stabili verso una suora clarissa di un
mo-
nastero di Ascoli, amore che egli nel Commento
all'Alcabizzo chiama
amico della voluttà e autore di
tutti i mali. In una perg. del 1299 del-
l'Arch. di S. Angelo
si legge conventus sce. Marie dominarum ordinis sce
Clare siti
extra portam Romanam.
(321)
Il più antico documento autentico su Cecco d'Ascoli. 9
Nelle opere
latine poi, dopo la sentenza morale o versetto
biblico che suole
premettere ad ogni suo lavoro, lo Stabili si
nomina: ego
Cicchus de Esculo (1); e accenna a vari Ascolani
che
chiama nostri (2).
Nell’Alcabizzo dichiara
esplicitamente il suo paese nativo
Civitas esculana que me
genuit humidior est quam sit Bononia (3).
Queste
dichiarazioni nette e chiare, confortate dalla tradi-
zione e
dalle pergamene dell'archivio di S. Angelo, dovevano natu-
ralmente
far sparire d'un tratto la prima impressione avuta e
rivolgere le
mie ricerche su d'una via, che credo sia la vera,
o almeno
l'unica, la quale possa verisimilmente spiegare la pre-
senza di
Cecco in Amandola nell'anno 1297.
*
* *
I numerosi scrittori di storia
ascolana si son sempre con-
tentati di ricopiarsi tranquillamente
a vicenda, senza iniziare e
svolgere un serio lavoro di ricerca e
di esame critico dei pochi
documenti rimasti nell'archivio
comunale, dopo l'inconsulto in-
cendio appiccato nel 1535 al
Palazzo Anzianale dal Commissario
pontificio G. B. Quieti
di Modena.
Quindi non hanno potuto presentarci
la successione logica
e coordinata di uno dei periodi più
fortunosi di storia cittadina,
(1)
Dal De eccentricis et epicyclis
che io ho potuto leggere nelle
bozze
inviatemi con squisita cortesia dal P. Boffito : Sicut
ferrum ferro acuitur sic ignorantia quorundam et virtuosorum ellenat
intellectum. Id-circo ego Franciscus de Esculo, etc. Dal
Commento alla Sfera di Sacrobosco:
Supra mundi gloriam est post mortem vivere in mentibus humanorum...
etc. Idcirco ego Cicchus de Esculo expositiones primo faciam,
etc.
(2) Dal Commento all'Alcabizzo: Cum appropinquant ad mortem bene somniant veritatem, et pauci sunt latrones et homicide qui non somnient finem suum et in hoc somniant verum, ut fuit quidam noster Esculanus nomine Angelus, etc.; dallo stesso: Et ex hoc potestis solvere quod multoties a me querebant nostri Escolani quare homo diligit istam et illam, ecc.
(3) Cap. 139 r., 2a col.
(322)
che, conosciuto, ci porge luce
sicura nell'esame della perga-
mena (1).
Il Comune di Amandola, favorito
dalla posizione e dalla
concordia, aveva iniziato sui primi del
secolo XIII, uno sviluppo
maraviglioso, secondato dalle
concessioni particolari della S. Sede,
che ne aveva voluto
premiare la fede guelfa (2).
Della subita potenza del libero
comune amandolese si mo-
strarono gelosi i dinasti circonvicini,
specialmente i Signori di
Brunforte e di Monte Passillo. Si accese
una lotta vivacissima
che parve sopita nel 1263, quando i De
Brunforte furono costretti
ad allearsi colla loro rivale, e Carlo
di Monte Passillo a dare
per ostaggi la sua figlia Anfelicia e il
nipote Cavatorto di Ugo-
lino. Si preparavano però
nascostamente nuove offese, che si ini-
ziarono nel 1288 (3)
dai Signori di Monti Passillo che avevano
ottenuta la cittadinanza
ascolana, suggellata con feste e con la
parentela di una delle più
forti famiglie di Ascoli, i Venibene.
« I nemici degli uni
dovevano essere i nemici degli altri »,
e Ascoli, che,
per le sue mire di più larghe conquiste sugli Ap-
pennini,
teneva molto a questa alleanza, se ne valse subito nella
guerra
contro Norcia.
Oltre la ragione di unione offensiva
e difensiva, e di pa-
rentela, intercedeva un altro vincolo tra
Ascoli e Monte Passillo,
la comunanza cioè di idee
politiche, validissima allora che le
(') L'esigenze
di una nota accademica non permettono di svolgere
pienamente
questo periodo interessantissimo e assai poco conosciuto di sto-
ria
ascolana. Io l'ho ricostruito non sugli sconnessi e spesso
contradittori
dati lasciati dagli scrittori di memorie
cittadine, ma sulle numerose per-
gamene dell'archivio di
Amandola, completate e a volte spiegate da quelle
conservata in
Ascoli e a Fermo. Spero di pubblicare in una delle
riviste
marchigiane un lavoro speciale che presenti un chiaro ed
esatto quadro
della vita ascolana del sec. XIII., la quale preparò
il costituirsi del Co-
mune, che, tra i primi, ebbe proprie leggi.
(2)
Nel 1° giugno 1265 il Card. Simone legato della S. Sede e
Ret-
tore del ducato di Spoleto e della Marca (perg. n. 55)
riconosce la comu-
nità di Amandola. Per la genesi del
rapido sviluppo del Comune ved. per-
gamene n. 353, 376, 33, 46,
47, 50, 56, 58, 59 ecc. del detto archivio.
(3)
Perg. n. 160.
(323)
Il più antico documento autentico su Cecco d'Ascoli. 11
vicende dei comuni seguivano il
generale movimento politico
dell'Italia tutta (1).
Carlo di Monte Passillo era
considerato uno dei capi del
partito ghibellino nelle Marche, e
Ascoli lasciava ai Saraceni
di Manfredi saccheggiare i feudi
vescovili e capitolari di Anca-
rano e Maltignano, quantunque, tra
una scomunica e l'altra, non
ricusasse di prestare un innocuo atto
di apparente sudditanza
alla Sede Apostolica.
Questa altalena non deve recarci
maraviglia ove si consi-
deri che la potestà spirituale dei
Papi, mentre era riuscita a
gettar profonde radici, quella
temporale invece, ancora per tutto
il sec. XIII, si riduceva a ben
poca cosa (2).
Amandola intanto, accertasi del
grave pericolo che le so-
vrastava, assolda uomini, e, come
fedeli figli di S. Chiesa vo-
lendo e bramando resistere alla
malizia e pertinacia dei ribelli
ascolani con rimedi e risoluzioni
opportune, onde conservarsi
più sicuramente nella fedeltà
di detta Chiesa (3), nell'otto-
bre 1293, con più
di mille armati, a suon di trombette e con
i vessilli spiegati,
marcia improvvisamente contro M. Passillo.
Dopo un assalto
vigoroso il borgo viene distrutto e Carlo pie-
namente sconfitto
(4).
(1) Francesco
Lanzani nella Storia dei Comuni, dalle origini al 1313.
vol.
II, part. II, ed. Vallardi, Milano, scrive: " II vincolo
tra la storia
interna e l'esterna del Comune della seconda metà
del secolo XIII è sempre
dato dalla contesa guelfo
ghibellina”.
(2)
Infatti, come nota Francesco Schupfer nella Storia del
diritto
italiano, altro era la sovranità, altro il
governo che rimaneva in mano della
città, per cui ogni
terra aveva un'esistenza propria individuale.
(3) Perg. n. 185.
(4)
Perg. n. 191. “ ... ipsum Castrum, Roccam et Burgum
ipsius Ca-
stri expugnasse et per vim capisse et domos palatia et
molendina destru-
xisse et cremasse, et ejusdem Castri homines et
personas expoliasse et de-
rubasse et in carcere tenuisse et
aliquos occidisse et vulnerasse et alias
graves
injurias intulisse ... “. Un teste dice (perg. n. 193):
''dum staret
de mane in domo sua vidit fere mille armatos lancis
tabulaccis cervelleriis
et aliis armis venientes, et trombetta
sonando ad modum exercitus, qui di-
cebant cum maximo rumore “a
la terra, a la terra". Audivit homines dicti,
Castri M. Passilli qui gridabant et dicebant " succurite,
succurite quia, ecce
homines qui expugnant Castrum» ecc.
(324)
Il Rettore della Marca assolte gli
Amandolesi in caso da
ogni possibile censura, perché, egli
dice loro " praedicta non
alia de causa feceritis nisi pro
Vestri tutione (1).
Nel dicembre dello stesso anno,
mentre Carlo, passato il
primo momento di stupore, si
apparecchiava ad adunare i suoi
vassalli e ad assoldar gente dal
di fuori, Amandola, guidata
dal Podestà Guidone, che per
essere di Norcia doveva vendi-
carsi anch'esso su gli Alleati di
Ascoli, attacca di nuovo all'im-
provviso M. Passillo. Due giorni
durò e aspra la battaglia; Carlo
insieme a Giacomo e
Saladino di Belvedere, dinasti ascolani, è
sconfitto.
Ascoli, ghibellina e alleata, accorre con slancio in difesa
dei
vinti; nel luglio 1294 con numerosa gente pone mano ai
restauri
del rovinato castello di Monte Passillo, e nel frattempo
cinge
d'assedio Amandola e devasta il suo territorio (2).
Dopo
pochi giorni di resistenza gli Ascolani riescono a prenderla
e la
saccheggiano, vendicandosi completamente. Invano il
Rettore
della Marca anconitana intima loro più volte di
comparire in
giudizio: Ascoli non solo seguita a riedificare il
borgo e a for-
tificare il castello dei suoi alleati, ma
istituisce dei mercati set-
timanali perché sempre più
viva si mantenga la relazione con
M. Passillo (3).
(1)
Perg. n. 185. II Rettore scrive tra l'altro "... ad Terram
vestram,
quam propriis manibus ac sumptibus plantayit Eccla,
nephandos actus ipso-
rum et manus temerarias extendere, prout
publicum et notorium est in
Provincia Marchiae, praesumpserunt ».
Scusa infine l'operato di Amandola
perché ha troncato ai
nemici della Chiesa “ futurae spei fiduciam ».
(2)
Perg. n. 219. II Vicario cosi scrive al Comune di Ascoli
"...ve-
stris nunc finibus non contenti Castrum temere
occupastis ... " ; e nella
condanna: "... ipsi de
presenti mense Agusti hostiliter et modo praedonio
cum tubis et
banneriis explicatis armatis manibus fecerunt exercitum et
cavalcatam
contra castrum Furcis et castrum Amandulae... illaque
castra
expugnaverunt et debellaverunt percutiendo et occidendo
homines illosque
praedando et expoliando capiendo et ligando et
ipsos captos et ligatos du-
cendo ac etiam incidendo arbores et
vineas, comburendo domos et cassi-
nas... ecc. ».
(3)
L'intenzione degli Ascolani è espressa nella lettera citata
del Go-
versatore: « deliberavistis quod certa pars gentium
Vestre Civitatis atque districtus sub quodam colore vel nomine Fori
ad d. Castrum M. Passilli
et in ejus territorio se debeant
congregare ad hoc ut vestrum propositum
complere et exequi
voleritis in Bcclae Rom. diminutionem . .. ».
(325)
Il più antico documento autentico sa Cecco d'Ascoli. 13
Nel 1295 e 1296 il Vicario Generale
Duranti minaccia la
scomunica e l'interdetto per «
turbationem pacifici Status Pro-
vinciae Marchiae ".
Per tutta risposta Ascoli occupa a
nome suo M. Passillo e
il Castello di M. Cretaccio. Fermo, gelosa,
muove lagnanze alla
S. Sede, che ordina al Governatore di reggere
e custodire i detti
Castelli. Il comandi però di Bonifacio
VIII non può venir posto
a compimento, perché gli
Ascolani continuano a tenere M. Pas-
sillo e a molestare Amandola,
la quale, dopo varie vicende, nel
settembre 1310, sotto la pena
del bando e la multa di 100 mar-
chi d'argento, è
incaricata dal Governatore Gualtiero de' Tatti
di distruggere M.
Passillo dalle fondamenta così che non vi ri-
manga neppur la memoria del suo nome (1).
*
* *
II rapido sguardo sulle fiere e
laboriose rivalità che tennero
in agitazione continua e
profonda i due forti Comuni marchi-
giani non è stato
superfluo, perché dimostra la verisimiglianza
della
presenza dello Stabili in Amandola nel 1297, mentre cioè
più
acuta ferveva la lotta e più numeroso era il concorso
degli
Ascolani alle fiere e ai mercati, istituiti per tenere più
vivo il
contatto fra gli alleati.
Cecco era giovane, poco più
che ventisettenne, e di natura
fervida e impetuosa; ghibellino lo
dice il Colocci e ghibellino
(1)
Perg. n. 437 : “... volens Esculanorum rebellium et
exbandito-
rum S. R. Ecclae antiquam perfidiam edomare et
sententiam latam contra
eosdem in quantum potest executioni
mandare: attente quidem considerans
quod Castrum Passilli detentum
hactenus per Esculanos predictos in huju-
smodi rebellione ac
offensione fidelium plurimus fovebat eosdem precepit
et mandavit
Comuni Amandule ad penam et bannum mille march. arg. qua-
tenus
omni mora et occasione postposita, Castrum M. Passilli pred.
debeant
destruere funditus et totaliter demoliri, taliter quod
nulla ibi remaneat vel
appareat memoria de eodem”.
(326)
ardito lo Stabili si mostra
nell’Acerba, ove rinfaccia a Carlo
d'Angiò
l'eccidio di Corradino e ripone tutta quanta la sua
fiducia
patriottica nella famiglia Colonna, sulla quale pesava
ancora la
scomunica di Bonifacio VIII, e nelle sue poesie
volgari in cui
si lamenta sfiduciato del guelfismo che trionfa
e s'afforza ogni
giorno più (1).
Non deve quindi recar maraviglia se
tra la balda gioventù
che accorreva entusiasta a vendicare
gli alleati contro Amandola
guelfa vi fosse anche Cecco, giovane
ardente e ghibellino, e
specialmente in quel tempo in cui totum
Esculum venit in obsi-
dionem Amandule.
A ciò si aggiunga che lo
Stabili, nelle sue opere, l'unico
che ricordi col proprio nome è
Giovanni Venibene, quello stesso,
che, giovane, aveva preso parte
attiva alla guerra e sposato An-
felicia figlia di Carlo di M.
Passillo, castello che diventò più
tardi, in parte,
sua proprietà (2).
Un accenno poi a quei signorotti
irrequieti, che, chiusi nei
loro castelli a guardia sugli
Appennini e tutti pieni della loro
nobiltà, tenevano
agitata la provincia marchigiana, si scorge nei
seguenti versi
dell’Acerba che il Carducci ha giudicato non privi
di
efficacia e di grazia:
Quello è gentil che per sé
sa valere
e non per sangue de l'antica gente
..... e dico
contra quilli
che dicono: noi siamo gentil nati
fedeli avémo
già ben più di milli,
in cotai monti fur nostre
castelle,
movendo il capo con li cigli arcati
facendo de lor
sangue gran novelle.
() Ai Colonna
dice : " Subita spada col gigliato grido — faravvi
onore
nel terren romano — e terranno i nemici il becco al nido ".
Nel so-
netto a Cino da Pistoia:
O messer Cino,
io veggio ch'è discorso
lo tempo omai che pianger si
convene,
poi che la setta che il vizio mantene
par che dal
cielo ognor abbi soccorso.
(2) Sfera di Sacrobosco.
(327)
Il più antico documento autentico su Cecco d'Ascoli. 15
Infine come mai lo Stabili, che i
biografi fanno partire da Ascoli
appena quindicenne per iniziare
quegli studi cui attese ininter-
rottamente per tutta la vita,
potrebbe rappresentarci in modo
così vivo il quadro delle
lotte intestine, che prorompevano con-
tinue sotto l'effusa
serenità del cielo italiano? Come avrebbe
potuto levare,
nell'accoramento profondo dell'animo, sì sdegnosa
la parola
verso la matre sua, terra esculana, se non avesse vis-
suto
quella vita di guerre che facevano sanguigni i campi e
infocati
i monti adorni del Piceno? (1).
Solo una presenza non fuggitiva
poteva dettargli quei versi
efficacissimi, con i quali descrive le
vittime delle lotte fratricide
che lasciavano nella desolazione
e gli orfani e le vedova e i
pupilli,
chiamando Dio nel loro amaro pianto
strappando con le
mani i lor capilli ;
e fargli desiderare che su quel
sobbollimento di passioni una luce
dominasse, la ragione, e una
virtù alitasse animatrice, l'amor
fraterno :
piuttosto perdonar che far
vendetta
questa è la carità del dolce loco
che de
l'eterna pace il bene aspetta.
*
* *
La pergamena, confortata dalle
precedenti considerazioni
tratte dalla vita ascolana in quel tempo
e dall'esame interno
delle opere dello Stabili, dimostra che egli
passò la massima
parte della sua età virile in
patria. I dati contrari che si po-
trebbero desumere da tutte le
biografie leggendarie dell'Ascolano
non hanno, come vedremo, alcun
serio valore obbiettivo.
(1)
Io pur te plango, dolce mio paese,
che non so chi
nel mondo ti conserba
facendo contra Dio cotante offese.
Verrà
lo tempo de li tristi giorni
di guerre che faran sanguigni i
campi
et infocati i tuoi monti adorni.
E tutti li
tuoi nervi perderai
se ciò si allunga, però tu non
campi
senza rimedio nullo piangerai.
(328)
16
Seduta del 19 novembre 1905. — V. Paoletti.
Per procedere nella dimostrazione
più spediti e chiari, stimo
opportuno riportare quasi in
uno stecchito catalogo le sole no-
tizie, desume da documenti
certi, le quali si hanno intorno alla
vita di Cecco.
I. Alidosi Pasquali (1)
scrive; « Cecco da Ascolo, 1322,
lesse con gran fama et
universale plauso sin' al 1325 ».
II. C. Ghirardacci (2)
sotto l'anno 1324 ci attesta che
« nello studio di
Bologna maestro Cecco da Ascoli leggeva
Astrologia con il salario
di 100 lire".
III. Enoch d'Ascoli (3)
fa risalire la nascita di Cecco
al 1269 e la morte nel 1327. La
data certa della morte ci è
attestata inoltre dal Villani
(4) e dal libro delle entrate e delle
spese
dell'inquisitore fiorentino negli anni 1322-29 (5).
Tranne questi dati null'altro vi è
di veramente certo o at-
tendibile nelle biografie dell'Ascolano:
le stesse sentenze che si
hanno sono copie del sec. XVII, e in
esse non concorda nem-
meno la breve e insignificante parte
biografica, perché, ad es.,
mentre alcune chiamano il padre
dello Stabili illustrissimo
maestro Simone, altre invece
onesto artigiano.
Il primo scrittore, che tratti con
una certa larghezza della
vita di Cecco, è il Colocci,
umanista marchigiano. I suoi appunti,
non elaborati e involuti in
una tessitura di prosa esornativa e
oscura, presentano due aspetti
diversi: il veritiero e il fanta-
stico.
Ne diamo solo la parte che riguarda
direttamente la bio-
grafia doll'Ascolano: « Honesti parenti
ma povero, come scrive
( ) Li dotti forestieri che in Bologna hanno letto. Tebaldini, 1523.
(2)
Della Historia di Bologna, 3 voli. in folio, 1596, t. II,
pagg.56
e 66. Abbiamo inoltre la testimonianza stessa dello
Stabili che nel De ec-
centricis et epicyclis così
parla agli scolari: «... ut vidistis de Saturno
qui erat in
13 gradu tauri in die 2° Augusti in annis Christi 1322
incepit
retrogradari et venit usque ad Plindem scilicet Gallinam
que est decimus
gradus tauri, sub quo fuit ista Bononia
edificata”.
(3) Appunti letterari del Colocci.
(4) Croniche Fiorentine, 1. X, c. 40
(5)
Dayidsohn. Un libro di entrata e spese dell'inquisitore
1322-29
nell'Archivio stor. ital., fasc. 222, serie 5a,
t. XXVII, pagg. 346-55.
(329)
Il più antico documento autentico su Cecco d'Ascoli. 17
Enoch vicino a quella età.
Nacque nel 1269 e morì nel 1327...
— Nacque in
Ancarano (*) villa di Ascoli dove la
madre gravida andando ad certe solenne feste (**)
ad imitatione dell'autique, perché
opinione certa è
che qui fusse già el tempio de Anchera dea,
nacque in
questo gaudio ne' prati colui che in prato in pena
dovea morire.
Non pianse el fanciullo senza officio d'ostetrice...
Era pervenuto
al tempo quando le lettere imparare l'età am-
monisce:
decte di sé grandissimi segni et espressioni di me-
moria
et ingegno, era in stupore et admiration de tucti... —
Arrivato
alli 15 anni, havendo in Ascoli dato opera alla gram-
matica, andò
a Salerno in quel tempo florida; et socto... stato
alquanto ad
Parigi se trasferì e poi ad Bologna... et pervenne
in tanta
admiration de popoli che non altramente era admirato
che una cosa
immortale: ognuno convertiva in istupore... —
Quivi lesse
molti anni ad quel popolo: era ghibellino. Et ti-
rato dalle
amenità andò in Firenze per tre anni, dove era
in-
veterata inimicitia de docti et vulgare opinion contra
docti
tutti; pur traeva tucti in admiratione.. . ».
Spogliati gli appunti dell'umanista
iesino di tutta la esu-
berante veste di erudizione, che per amor
di brevità abbiamo
tralasciata, e di tutto l'entusiasmo di
lode tributato all'ingegno
di Cecco, non ci rimangono che quattro
dati biografici, specifici
e netti :
a) Lo Stabil nacque da poveri
ma onesti genitori nel
1269;
bi)
in Ancarano, villa che dista da Ascoli una ventina di
chilometri;
c) quindicenne, dopo aver
studiato grammatica in patria,
si trasferì a Salerno e poi,
per alquanto, a Parigi ;
d) dall'Università di
Parigi passò a quella di Bologna e
indi a Firenze.
Non ci fermeremo ad esaminare il
punto d, indiscusso, e
quello b, perché,
anche tralasciando il fatto che Cecco non ac-
cenna mai nelle sue
opere la circostanza singolare della nascita,
e né in
Ancarano né in Ascoli s'è conservata mai la
tradizione
di siffatto avvenimento, il racconto sa troppo di
fantastico.
(*) Nota dell’Associazione Culturale “La Cerqua Sacra”: E’ sicuro? Non potrebbe essere Ancarano vicino Preci?
(**) Nota dell’Associazione Culturale “La Cerqua Sacra”: Potrebbe essere la celtica” Beltine? L’attuale Calendimaggio, che ancora si celebra nel Comune di Preci.
(33o)
18 Seduta del 19 novembre 1905. — V. Paoletti.
A
conforto della prima affermazione (lett. a) il Colocci —
e,
si noti bene, solo a riguardo di quella notizia particolare —
cita
la testimonianza di Enoch, nato sulla fine del XIV sec. E
noi
l'accettiamo pienamente per la grave autorità del
fortunato
esploratore di codici ascolano.
Non
si può però, secondo le regole della sana critica,
pre-
star fede in alcun modo alla narrazione di cui alla lett. c.
La
ragione prima e decisa viene desunta dal testo della
pergamena del
1297, la quale dimostra : 1° la presenza di Cecco
nell'Ascolano
in quel tempo appunto in cui il Colocci lo fa dimo-
rare a Salerno
; 2° la grande probabilità che quella presenza non
fosse
di pochi giorni, accidentale, ma abituale.
Inoltre
si devono tener presenti alcuni altri rilievi razionali,
pur essi
importanti.
II
racconto del Colocci, ove si consideri attentamente, scopre
un
inganno che deriva dalla voluta preoccupazione dello scrittore
di
poter aggiungere, quando che sia, quella data notizia la
quale
procuri alla persona di cui si parla con entusiasmo una
qualche
importanza o interesse. Ed è un gioco ormai
scoperto che si ri-
scontra in molti altri biografi.
A
parte la considerazione che Salerno era molto più distante
di
altre Università maggiormente gloriose, e, mi si perdoni
la
frase, fuori di via; a parte ancora che Salerno fioriva
in special
modo per la medicina, e Cecco, checché ne dicano
alcuni, non fu
mai medico (*),
occorre rilevare due fatti.
Primo:
lo Stabili mentre nelle sue opere parla di moltis-
sime città
dell' Italia settentrionale e centrale, della loro vita e
degli
astri che presiedettero alla loro fondazione e influirono sul
loro
mantenimento, non ha alcuno accenno per quelle meridionali,
e
molto meno per Salerno, che, presentando aspetti nuovi, doveva
pur
suscitare in lui giovane impressioni vive e durature.
Secondo:
Cecco della sua città natale e dei suoi dintorni
mostra,
specialmente nell’Aceróa, una conoscenza così
estesa,
accenna a particolari così minuti, che un giovane
quindicenne,
dedito allo studio dentro le patrie mura,
difficilmente poteva
cogliere e ricordare con sì fedele
esattezza.
"Ed ora brevi parole che —per quanto ci è dato desumere
(*) Nota dell’Associazione Culturale “La Cerqua Sacra”: E’ sicuro?
(331)
Il più antico documento autentico su Cecco d'Ascoli. 19
dal complesso razionale delle
circostanze — dilucidino e spie-
ghino il contenuto della
pergamena,
II reato che con istanza si chiede
al giudice di inquisire
viene espresso con una locuzione molto
generica, indeterminata.
Fra Benvenuto domanda al giudice di
Amandola : « ut procederet
et inquireret contra
Franciscum Stabilis de maleficis commissis
in personam
Brocardini vel cuiusque alterius personae per eundem
fuisset
commissum ».
II cap. De maleficiis in
tutti gli statuti municipali del
sec. XIII contempla variatissime
figure di reato. F. Schupfer
esaminando alcuni statuti toscani di
quel tempo, i quali, salvo
lievi modificazioni tutte locali,
conservano moltissima simiglianza
con quelli marchigiani, scrive
in proposito " Il De maleficiis
contemplava le eresie e le
bestemmie, le stregonerie, le offese
recate ai pubblici officiali,
gli assembramenti, gli aiuti ai ban-
diti, gli incendi, la
falsificazione di monete e di carte, le testi-
monianze false, le
uccisioni, i ferimenti, le ingiurie, il ratto
delle donne e gli
stupri e anche contravvenzioni di polizia".
Se la pergamena fosse stata scoperta
non molti anni addietro
forse Cecco sarebbe stato subito
sospettato di qualche stregoneria,
ma ora che gli ultimi studi più
sereni e accurati hanno tolto
decisamente la figura dello Stabili
da quello strano velo di fio-
rita leggenda, avvivata da
maravigliosi prodigi magici, cadrebbe
qualsiasi ipotesi in questo
senso.
L'età virile, la natura
fervida e impulsiva, l'entusiasmo per
un'idea politica accarezzata
e sentita fortemente per tutta la vita,
e, infine, la circostanza
di tempo di lotta vivissima tra Amandola
guelfa ed Ascoli
ghibellina, ci inclinano a far cadere la scelta,
fra i vari reati
contemplati dal De maleficiis, nelle ingiurie e
nel
ferimento.
Infatti i danni inferti alla persona
di quel tal Brocardino
e quelli per avventura che Cecco avesse
potuto recare a qual-
siasi altra persona, non dovettero essere
veramente grandi, perché
altrimenti il Priore li avrebbe
meglio specificati, e la querela,
trattandosi di un colpevole di
un paese nemico, avrebbe avuto,
sia pure inefficacemente, un
seguito. Ciò che non appare, non
rinvenendosi alcun altro
accenno dello Stabili nelle pergamene
(332)
20
Seduta del 19 novembre 1905. — V. Paoletti.
di quell'epoca, le quali si
conservano numerose nell'archivio di
Amandola e si succedono
ininterrottamente, collegandosi e spie-
gandosi a vicenda.
Risulta del resto in modo assai
trasparente dal contesto
della pergamena, che il Priore del
monastero di S. Leonardo si
querela non tanto per i danni
indeterminati recati verso un'in-
determinata persona o verso
qualunque altro dallo Stabili, quanto
per smentire l'affermazione
di Cecco o la diceria che questi fosse
oblato nel suo monastero.
“Cum dictus Franciscus esset
laycus et non oblatus nec
conversus dicti monasterii et si quod
instrumentum oblationis
appareret (il Priore non crede a questa
voce) quod non creditur,
dixit ipsum instrumentum esse
fictitium et symulate concessum ».
Fra Benvenuto desidera quindi
unicamente che da quel
fatto commesso da Cecco non venga a
ricadere sulla comunità
cui dirige nessuna macchia e non si
susciti in quelle popolazioni
religiose alcuna ammirazione,.
La scena si potrebbe anche
ricostruire con molta verisi-
miglianza. Lo Stabili in quel di
Amandola o anche nel territorio
stesso del ….…..
castello di M. Passillo (1) che, per alcune ces-
sioni,
doveva essere sotto la parziale giurisdizione degli Aman-
dolesi,
avrà avuto da che dire con quel tal Brocardino, che
senza
dubbio partecipa dell'altra frazione politica e in lotta.
La
discussione si sarà man mano accesa ed acuita, e lo
Stabili,
pronto di man come di lingua, sarà trascorso alle
vie di fatto.
Per scongiurare poi sul momento
qualsiasi pericolo o rap-
presaglia cercò al nome del
monastero di S. Leonardo di Gu-
lubrio, il più nascosto e
lontano (2), il modo di cavarsela li-
ciamente.
(1)
M. Passillo distava da Amandola poco più di due miglia.
(2)
Del monastero di S. Leonardo rimangono ancor oggi i ruderi,
alle
falde della famosa montagna della Sibilla. Nelle notizie
amandolesi lasciate
inedite dal Ferranti, che sono ora,conservate
dall'egregio ing. C. Pascucci,
si legge: “Drusiana figlia
del Conte Alberto, maritata al nobile Malagotti
di Piobbico, nel
1134 fabbricò il monastero e chiesa di S. Leonardo, che,
col
Castello Golubro o Volubro, donò all'abbazia di S. Croce
all'Avellana ».
(333)
Il più antico documento autentico su Cecco d'Ascoli. 21
Dopo questa scappata giovanile lo
Stabili, già istruitesi in
patria (1), si recò
con molta probabilità direttamente a Bologna,
ove nel 1322
lo vediamo già insegnante di astrologia.
*
* *
Questa Nota illustrativa, frutto di
ricerche dirette, avrà
dimostrato, io spero, tutta
l'importanza della pergamena ch'io
ho avuto la fortuna di far
conoscere per primo ai biografi del-
l'Ascolano.
Il documento infatti, oltre ad
essere il più antico e au-
tentico, reca una nuova luce
nella biografia dello Stabili, fon-
datasi fino ad ora su
narrazioni fantastiche e leggendarie; ha
determinato che si
conoscesse un'interessante pagina di storia
ascolana; e, infine,
apre una nuova e sicura via a successive e
più diligenti
ricerche nei nostri archivi pubblici e privati, ancora
quasi del
tutto inesplorati.
(1)
Emidio Luzi (L'università degli Studi in Ascoli, Jesi,
Pierdicchi,
1891) crede che una regolare Università fosse
eretta in Ascoli da Nicolo IV.
Il medesimo autore (Compendio di
Storia Ascolana, Ascoli, Cesari, 1889)
pone Cecco tra gli
allievi di detto studio generale. In ogni modo è accer-
tato
che in Ascoli splendesse in quel tempo-qualche luce di cultura.
004440
(334)