SIBILLA

di

Aristide Sartorio

 

 

 

PROEMIO A

LYDIA

 

Malìa la nutrice

ninnando Angiola

sui tre mesi d’età

cantava

 

Cardinal di Santa Chiesa

Cavalier di Gesù Cristo

Ferma il piede che ti falla

Sei per dare il passo tristo

La voraggine t’è innanzi

.........

 

-         Malìa, cosa dici?

-         La canzone di “Sibilla”

-         Quale canzone?

-         La storia del principe car-

dinale perduto nella grotta

-         Come la sai?

-         La vendevano i cantastorie

-         Dove?

-         Nelle fiere.

-         E tu, l’hai?

-         L’avevamo in casa.

-         La rammenti?

-         Il fatto si, la poesia no.

Ricordo le sole strofe del-

l’angelo custode. Bambi-

ni, la sapevamo a memo-

ria; era lunga tre pagine

e, sulla prima, portava in-

cisa una rappresentazione.

Si vedeva, in una chiesa, un

re, una regina e un amori-

no armato di freccia che li

prendeva di mira. Era una

stampa rozza, come ne vendo-

no a noi contadini, simile alle

figure dei tarocchi.

Ecco la leggenda.

Un cardinale, figlio

 di re, chimerico condottie-    

 re d’eserciti, nella settimana san-

ta, quando gli stregoni com-

piono sulle rive del lago di

Pilato i riti sacrileghi, colto

dalla bufera infernale s’era

rifugiato insieme allo scu-

diero sul monte della Sibilla.

     Là vegliava alle so-

glie dell’antro, quello stesso

eremita che più tardi do-

veva consigliare a Guerino

il Meschino il modo di elude-

re la dannazione e che allora

cercò di impedire a Lionello

d’avventurarsi nel paradiso

secreto.

     Ma Lionello, sordo

agli avvertimenti, forzò bal-

danzoso la porta d’oro, combat-

té i mostri, superò il fiume di

fuoco ed entrò nel palazzo

di Alcina.

    Sibilla come Circe gli

offrì quel vino che inebria

e sconvolge l’intelletto. La

vigilia del Venerdì santo, a

la vigilia delle temporanee

trasformazioni, l’angiolo di

Dio apparve a Lionello,

gli rivelò l’imminente perdi-

zione e Lionello fuggì, nel

momento che la metamor-

fasi contaminava le abita-

trici con orribili rettili. La

Domenica in Albis, sotto le

vesti del penitente, si presen-

tava in san Pietro per chie-         

dere perdono al Papa. Udita la

confessione dell’imeneo sa-

crilego il Papa allibì: e per si-

gnificare l’impossibilità dell’in-

dulto indicò a Lionello il lituo

gli disse sarebbe stato più

facile ad un baculo fiorire anzi-

ché al Vicario di Dio di perdona-

re. Lionello, interdetto, partì

da Roma disperato, ritornò sui

monti dell’Appennino, rientrò

nel paradiso incantato.

                    La notte il Papa sognò

che il pastorale improvvisa-

mente fioriva. Maravigliato dal

presagio fece inseguire il fuggiti-

vo, ma i messi arrivarono trop-

po tardi. Lionello e lo scudiero

erano rientrati nello speco della ma-

ga e sulla porta, a memento, aveva-

no incisi i loro nomi di sepolti vivi.

                    La storia di Lionello somi-

glierebbe alla leggenda del Tann-

hauser se non fosse la stessa..

.La favola, nata il Italia, emigrò

in Germania, si annidò freddolo-

sa in una grotta della Turingia,

ed in terra d’esilio si solennizzò

nei canti dei Minnesinger.

E mentre la proteiforme Sibilla

germinava fantasmi consimili,

quali la bella dormiente nel

bosco, la dama del lago, la fan-

ciulla del convegno fierissimo,

Melusina, Alcina, Armida, la

Venere dei Minnesinger ani-

mava una strana canzone,

quella che lo Heine ammirava

siccome infiammato e commoven-

te dialogo d’amore.

                                Sibilla, sepolta nell’

antro fantastico, come il paga-

nesimo era sepolto nella ter-

ra romana, venne considerata la

più pericolosa delle creature,

il demone della seduzione, de-

stinato scomparire insieme al-

la umanità.

                                Venuta dai poemi

classici Sibilla appare una

versione di Circe nel

mito di Tessaglia conta-              

minata. Il medio evo, rinne-

gando il mondo animale come

demoniaco, v’aveva associa-

ta la donna: doveva esser

gloria del Rinascimento non

solo la redenzione della fem-

minilità, ma pure la rappre-

sentazione non più paurosa

del mondo belluino.

                                La Genesi designò

Eva origine di tutti i mali,

la risurgente poesia le attri-

buì le forme elleniche e la mi-

se sugli altari, vicino alla ma-

dre di Dio, siccome madre de-

gli uomini. Per questo la fa-

vola di Lionello anelante il

perdono e che disperato si per-

de, ignaro di avere invece re-

denta la Sibilla, è la commedia

del Rinascimento che soffuse

di passione religiosa le favole      

giunte ancor vive e palpitanti

dal mondo pagano.

                                            La leggenda per

il carattere, la forma rivela,

indiscutibile, l’origine italiana;

essa riappare poi, come epi-

sodio, nel romanzo popolare

di Andrea da Barberino. E’

notevole che quando Gueri-

no va a Norcia e manifesta

il proposito di entrare nell’

antro della maga gli abitan-

ti, raccontando il tentati-

vo di Lionello di Francia, lo

dissuadono. Arrivare fi-

no a Sibilla era perdersi.

                                Il dialogo di Gueri-

no con l’eremita, la pruden-

za che, alla stregua, lo guida

nel soggiorno incantato, il per-

dono che invoca ed ottiene

dal Papa sono, necessaria-         

mente, l’antitesi dei prece-

denti avvenimenti, quelli

che seppi da Malìa della

popolare leggenda e, dalla

quale, ho trascritte le strofe

dell’angiolo   di Dio.

                                Il libro di Andrea

da Barberino apparve nel MCCCXCI

e quando, nel sedicesimo secolo,

la leggenda trovò la sua veste

teutonica, il Papa venne iden-

tificato con Urbano IV, pontefi-

ce dal MCCCLXI al MCCLXIV.

                                Io ti lascio Lidia,

sulla soglia del ricostruito

poemetto, dato in balìa della

fortuna. Se vuoi essere edotta

sul come la leggenda è dagli

eruditi studiata ti indico gli scrit-

ti di Alfredo de Reumont, di

Pio Rajna e di Gastone Paris.

 

 

ATTORI

 

Sibilla,                               

Lionello.

Barbaretto,

L’Eremita,                      

Il buon Papa,

L’Angiolo di Dio,

La voce della Morte,

L’anima cieca, le sirene,

le ancelle di Sibilla, le arpiste,

le danzatrici.        Le driadi, i

vertunni, le ninfe, i silvani, i fauni.

              I cardinali, i vescovi

il clero, i cantori.   Uomoni e don-

ne del popolo.

            Il coro invisibile dei pe-

nitenti, il coro degli spiriti in-

visibili, il coro degli angioli.

                L’eco della basilica di

S. Pietro a Roma. Paggi, animule,

ancelle, popolani, chierici, fa-

muli, armigeri che non parlano.

 

 

ATTO PRIMO

 

      Una grotta sul monte

della Sibilla. All’apertura,

in alto, un romitorio, al di là

una forra diabolica e le rupi

che precipitano aspre verso

il lago ove affogò Ponzio Pila-

to. Nel recesso della grotta

una porta d’oro chiude l’entra-

ta del paradiso della Incan-

tatrice. E’ il vespro, fra i

monti imperversa un tempora-  

le terribile, scroscia la gran-

dine, rumoreggiano i tuoni, lu-

ci sinistre divampano. Fra i

dirupi risuona assordante lo

spaventoso rimbombo.

               Giungono dal di

fuori le voci di Lionello e di

Barbaretto,

-        Cristo soccorri!

-        Barbaretto seguimi, ecco

un riparo ....

-        .... alla mercé di Dio.

-        Tutti i cavalli sono precipi-

tati, insieme ai carri delle sal-

merie, trascinando i tesori del-

la guerra pel riscatto del

tempio. Ecco svanito il sogno

di strappare agl’infedeli in no-

me del Signore Onnipotente

il regno santo.

   ---- Il turbine infernale ha sol-

levato il lago di Pilato contro

le nubi. Il fondo, rinversato,

lanciava pesci e serpi veleno-

se, mostri e saette .... il ven-           

to, a mulinello, perduti nel

cammino, come foglie ci ha pre-

si e sobbalzati in queste grotte.

    Lionello indicando la

valle sconvolta,

-        Entro il perfido lago è spro-

fondato ogni sogno di gloria ....

      - .... e certamente saran peri-

ti i cavalieri, i fanti investiti dai

flutti ....

-        Siamo soli, abbandonati so-

vra questo monte come fos-

simo in mare naufragati. D’

intorno a noi, terribile oriz-

zonte, nubi cozzanti e fulmi-

         ni infiammati.

-        Se tu non fossi un sacro

cardinale saresti morto: il dì

della passione versan le stre-

ghe l’acqua benedetta nel ma-

lefico lago e l’infernale ira sol-

leva il corpo di Pilato da de-          

moni e da furie flagellato. Per-

duti nella forra maledetta ...

                                   Barbaretto s’interrom-

pe perché, fievole, si sente il can-

to dei monaci che là, dentro il

romitorio, intuonano l’inno am-

brosiano della sera.

-        Te lucis ante terminum,

rerum Creator, poscimus ut

pro tua clementia sit praesul

et custodia.

-         Signor ascolta, ascolta del-

               le preci.

            Barbaretto si genuflette

         -  Che luogo è questo?

         -  Albergo di romiti dei mo-

         naci per certo vi han dimora.

                         Ma ecco un canto pro-

fano, sommesso da prima gra-

do grado più forte, si fonde

con quello sacro. Il canto

viene dalla porta d’oro che ne

Lionello ne Barbaretto han-

no vista ancora.

   Le sirene, invisibili, dicono,

 - Viandante smarrito ed af-

franto qui stanno le vaghe     

sirene oblìa le tue pavide

pene, ascoltati dive del canto.

-                                                    Voci di donne? Chi saran-

no? Dove?

            Lionello vede la porta,

-                                                    O Barbaretto, una gran

porta d’oro!

-                                                    O magico potere del demo-

nio!

          E le sirene,

-                                                    Venimmo dall’isola azzurra,

o non ci temere, non nuoce la

nostra si fievole voce che tan-

to soave sussurra ....

          Lionello, perduto nel-

la dolcezza del canto, avanza

verso la soglia e Barbaretto,

come spaventato,

-                                                    Non ascoltare, fermati!

Che fai? Siamo caduti in infer-

nale agguato! Noi fummo attrat-   

ti quì dal maleficio; quì vi-

vono Sibilla e la sua corte in

attesa dell’ultimo giudizio.

-                                                    E’ la soglia del regno della

Maga!

           Le sirene cantano,

-                                                    Apprendi dal coro gio-

condo se valga la grazia gioita,

inoltra, ti chiama la vita con-

quista l’incanto del mondo.

      Ed io potrei varcando quel-

la porta entrar nel paradiso di

delizie conquistare la Maga

ed i tesori.

         Barbaretto vedendo Lio-

nello come attratto verso la por-

ta,

-                                                    Ma fermati, Signore, tu

vuoi perderti ...

            e poiché Lionello con-

tinua ad avanzare Barbaretto

monta i primi gradini che con-    

ducono al romitorio gridando,

-                                                    Olà, gente di Dio!

                 Sull’alto delle rupi,

davanti al romitorio, appare

l’Eremita scarno, dai capelli

irsuti, la barba ispida, vestito

d’un sacco, una corda legata

sui fianchi. Dalla corda pen-

de il flagello insanguinato. Seb-

bene adusto egli s’appoggia ad

un lungo bastone.

-                                                    Chi siete voi? Che fate

in questi luoghi? ......

-                                                    Buon romito salva costui

dal canto insidioso, ei non ha

forza contro l’incantesimo esor-

cizzalo tu!

          Sempre dall’alto della

rupe l’Eremita parla a Lionello,

-                                                    Fuggi fratello per non

dannarti per l’eternità.                 

-                                                    Qual maleficio è oltre

quella soglia perché debba

fuggirlo?

-                                                    E non lo sai? E non t’è no-

to il regno di Sibilla nata nel

mondo quando il mondo nacque

per trarlo dalla via di verità?

   Serpente aggrovigliato intor-

no all’albero sedusse con il frut-

to proibito, sculta nel marmo

accese di lussuria e quando

Kristo la cacciò dagli uomini

si nascose nel grembo della ter-

ra in agguato.

                 Ma Lionello, acceso

dal desiderio, domanda,

-                                                    E l’hai veduta?

-                                                    Io? Giammai la vidi: me

ne scampi Dio!

           Lionello, con fermezza,

replica,

- Il maleficio non mi fà paura,     

io la vedrò ......

-                                                    Non pensarlo neppure .....,

nel romitorio, qui, fan penitenza

quanti vissero insieme alle sirene

senz’affrontare l’orrida fierezza

dei mostri posti a guardia di

Sibilla. Oltre il giron dei mostri

scatenati una vena di fuoco di-

sfavilla intorno al regno della

rea Sibilla .....

              Lionello l’interrompe,

-                                                    Forte mi sento sì da supera-

re il girone dei mostri, il fuoco ar-

dente per giungere a Sibilla e

per domarla.

-                                                    Virtù non hanno i santi d’

annientarla.

-                                                    Io sono un cardinale consa-

crato.

-                                                    Turpe genìa di Roma male-

ledetta che delle cose sante

fa mercato, oseresti commet-

tere il peccato di fornicar coi

demoni sepolti, invulnere

pel crisma?

-                                                    Macerato nel fanatismo

       della fede greggia hai           

paura. Facile è maledire ove

la fede è parte, ma l’ardire

militante, significa

-                                                    Eresia!

-                                                    osare; il verbo dell’impre-

sa mia.

         Le sirene sospirano.

-                                                    Viandante che aneli, sei

giunto; è questa la meta che

brami, non fare che d’altri ri-

chiami l’incerto tuo cuore sia

punto.

          L’eremita scende dalla

scala del romitorio e s’interpo-

ne, in atto di sfida, fra la por-

ta del paradiso di Sibilla e

Lionello. Si strappa dalla cin-

tura il flagello e lo gitta ai pie-

di di lui,

-          Figlio di Babilonia in veste

rossa la vita è sol vigilia del        

la fossa; t’offro l’impresa del-

la salvazione nella frusta

che macera la carne, e, se osi

passar su quel flagello ver-

so tal sede della perdizione,

verrò davanti a Dio come mar-

tello che schiaccerà ...............

                 Lionello, senza

lasciarlo finire, dà un calcio

al flagello e l’interrompe,

-                                                    La sferza insanguinata,

da vil sangue pebleo conta-

minata peso non ha nella

bilancia santa.

                L’Eremita allora

si ritrae come bestia ferita,

poi si avanza curvo e, quasi

con un fil di voce, sghignazza

      ironicamente,

-                                                    Entra nell’antro dell’in-

cantamento .......................

... le sirene t’aspettano cantan

do ........................ In mezzo a

damigelle coronate t’aspetta

la regina delle fate .................

Ma ricordati, o sacro cardinale,

che Sibilla, serpente originale,

ridiventa serpente a Pasqua

santa ..... e il giorno del giudizio

.............. apparirai ....................

entro viscide spire attorcigliato

insieme all’Iscariota .................

                       Lionello stende

il braccio armato verso l’Ere-

mita.

-                                                    La mia fede ha

punta e taglio come questa

spada, scosta il flagello e

sgombrami la strada.

                        L’Eremita ristà

e Barbaretto, afferrando per il

manto Lionello,

-                                                    Vorresti dunque tu,

signore in Cristo, cozzare nel      

suo sdegno? ......

             Ma Lionello, strap-

pando il lembo dalle mani

dello scudiero, replica,

-                                                    La mia stirpe un regno

conquistò con l’avventura,

il vicario di Dio, benedicen-

do, ha data all’avo mio l’in-

vestitura.

            Intanto le sirene, insi-

stenti, fascinanti, blandiscono,

-                                                    E varca la soglia ..... un

istante, un passo che sta fra

due porte, tu esci da quella

di morte tu vieni alla vita

raggiante.

                             Lionello,

deciso, scende lentamente i

primi gradini che conduco-

no alla porta e Barbaretto

invocando il cielo,

-                                                    Cristo illumina tu quei che

non vede e che si perde! Ar-

dito, oltracotante, l’attira l’av-

ventura affascinante respin-

gilo lontano, alla tormenta nel     

turbine che urla e si lamenta!

                   Improvvisamente

la porta si spalanca ed appa-

re al di là un miraggio fanta-

stico. Si vedono le voluttuose

sirene adagiate su rupi musco-

se e, lontano, i mostri fermali

le fiamme del fiume di fuoco fi-

no fino alla estrema muraglia di

oro la quale rinserra la città

della regina Sibilla.

             Dalla porta schiusa

erompe seducente il coro

delle ammaliatrici,

-  Ti chiama la vita; tripudia.

Promette delizie       risorte,

profonde tesori la sorte all’

uomo che non li ripudia!

    Lionello, come ipnotizzato,

scende gli ultimi gradini ed

esclama,

- Bello il periglio e la speran-      

za è grande!

              Al di fuori la bufe-

ra imperversa.

              L’Eremita con un

gesto di maledizione,

-                                                    O mostri divoratelo, .........

sbranatelo, prete dannato per

l’eternità!

               Le porte del pa-

radiso di Sibilla si richiudo-

no e si sente, affievolito, il can-

to delle sirene,

-                                                    Tripudia, tripudia, tripudia

..............................

 

 

              ATTO SECONDO

 

                    Il paradiso della

regina Sibilla è una immensa

caverna che l’arte della incan-

tatrice ha trasformata in un

tempio fantastico.

              Fasci di colonne reg-

gono da ogni lato le navi, nelle

cupole rifulgono i musaici d’oro,

sulle logge risplendono le pietre

rare. Nel mezzo dell’abside si

eleva, verde, l’albero del bene e

del male, l’albero della vita la cui

cortice espresse Sibilla sotto ofi-

dica forma: avanti alla pianta, il trono della demone.

          Sedute sui gradini le ar-

piste traggono dagli strumenti

la sommess’armonia che sembra

mancare, ed otto giovinette, ai    

piedi del trono, ripetono una

ermetica danza che non finisce

mai. Le ricamatrici, insofferenti,

disegnano sul velo nuziale, l’ima-

gine del serpe eternale.

             A similitudine di Sibilla

le seguaci sono belle, ma pallide

come flora sepolta.

              Bendata, annaspando

per trovare la via, s’avanza l’ani-

ma bianca e lamenta per tutte,

-                                Dal fato sospinta sono

anima cieca; impressa sul mi-

sero volto, che palpita vivo, stà l’ombra, l’estatica calma

dei morti. Sono anima cieca.

              Nessuno risponde e

l’azione prosegue come se

nell’avvenenza espiasse una

irrevocabile condanna: per l’

aere gli spiriti invisibili cantano,

-                                Salve Regina eterna, divi-

na, janua coeli, urna speciosa,

Venere madre vittoriosa.

                e le arpiste, che sul-

le corde seguono il ritmo del-

la tenue nenia, sospirano,

- O voci vane ..... – Invano          

laudate ... Noi fummo mille

volte trasformate ... – Ahimé

perdute ...  – Dalle squame del

serpe rinvenute ...

                        Poi implorano

insieme,

-                                Le nostre dita sono in-

dolenzite ......

                      Le ricamatrici

proseguono le lamentazioni,

-                                O secoli trascorsi eterna

gioventù ... -  Beltà sepolta

che non ha virtù ... – Cosa

attendiamo più? ... – Nessun

verrà ... – Noi lavoriamo nella

eternità ......

    E le otto ricamatrici insieme,

-                                Siamo stanche di tanto

ricamare.

              Infine le danzatrici

che hanno, quali automi, con-

tinuata la figurazione mimica,

- O seduzione vana ..... o          

vana danza ripetuta fra noi

senza speranza ........... Sia

data tregua ........ la fatica è

vana ........ vana l’anima nostra

trasumana ......

               Le danzatrici ripiega-

no, lasciati cadere i sistri, fiottano,

                      -    Siamo ormai sazie di ve-

der noi stesse.

             Tutte le giovinette si

        accasciano oppresse dalla

nostalgìa della vita.

      Le arpiste, le dita ancora or-

nate del plettro, levano le mani

supplici,

             -    Il patto con la vita è stato

infranto libera noi regina dal-

l’incanto.

              e le ricamatrici ancora

nelle mani i brocci,

-                                L’anello della morte ti

circonda e l’agonia ne asside-

ra profonda .....

Tanta bellezza, solitaria, op-

prime, nessuno la contempla e

la redime.                                     

        Si ode lontana la clade

dei mostri affrontati da Lio-

nello, ma le donzelle, prone,

invocano sempre,

-                                Se non ci salvi, allor, facci

morire anzi le belle membra

esinanire.

                           E l’animula

oblata che cerca la via,

-                                ............. Io sono nel buio,

-                                m’han chiusa la benda più

forte, nel buio c’è sempre la

morte. Mi brucia la benda,

son cieca; che vale la vita nel

buio di morte smarrita? Io gemo 

nel buio, la benda fatale, restìa,

non oso strappare alla mia pavida

fedeltà. Ancora ti seguo ansiosa

ma trema la fede angosciosa nel

dubbio: s’è spenta la luce?

   Nessuno risponde; tentoni nella

sontuosa prigione l’anima bianca

si perde. Dalla scalea, ansando,

scende una vigilante ed esclama,

-                                .................................... Vinto

l’asceta e vinte le sirene nel gi-

rone dei mostri è penetrato il ve-

ro eroe: l’assalgono le fiere, lo cir-

-                                condano l’idre velenose, dava-

-                                nti a lui le fiamme, spaventose,

alzano spire sibilanti al vuoto.

         Sibilla, levandosi eretta,

      -       O sorelle nell’ombra e

nell’attesa, salutate colui che ne redime;

egli, l’eletto! Io veggo

fatalmente, attraverso le nebbie   

dell’esilio, venire a noi la gran

virtù vivente; l’ardire!

                   Animate dalla ri-

surgente speranza, le donzelle,

-                                Finalmente ... – Nella luce

liberate     -   Alla vita ridonate.

-                                Sotto al sole assai più belle

-                                Fatte madri!

                  Giunge, distinto il

fragor della zuffa impegnata fra

i mostri e l’aggressore.

                  Lionello, da lunge,

-                                Domine aiuta me contro l’

inferno!

                   e Sibilla,

-                                L’inferno vincerai, vinto

te stesso.

            L’ipogeo si abbuia, istin-

-tivamente, le ancelle si dispon-

gono ai lati del trono: le arpiste

rialzano gli strumenti e le dan-    

zatrici rinnovano la mimica.

Le ricamatrici espongono da-

vanti al trono il velo nuziale.

L’attesa esprime sui volti delle

seguaci l’indefinito stupore

dell’avvenimento. Una siderea

luce piove sulla scena fanta-

stica e nell’interludio fremono

le melodie degli spiritelli va-

ganti nell’aria,

-                                         Stella dei naviganti fosca

d’ombre giganti,; etereo lume

della vita, schiuditi ................

........ Face d’amor purissima,

fra gli astri velocissima, risur-

gi in tuo splendore e trasfi-

gurati ......................................

....... Di gloria evocatrice d’eroi

generatrice, Venere madre, dia,

ardi, redimiti.

                     Alla invocazione

lirica, il suono delle arpe e l’

espressione della danza si

esaltano. Dai timiami ardenti

le nubi dei profumi si elevano       

dense e, fra le spire vaganti

le gemme che ornano la tiara

di Sibilla rifulgono simili a

stelle serali.

               Lionello superando

l’emozione per il seducente

spettacolo si avanza, traversa

il gruppo delle danzatrici,

monta sul velo nuziale sale

i gradini del trono in faccia a

Sibilla impassibile ed alzando

la spada,

     -      O tu uccidi l’insidia o

resti ucciso.

                  e vibra un fendente.

La spada si spezza nelle sue

mani.

        Lionello arretra e guarda

trasognato Sibilla.

-                                         Labbra silenti che l’arca-

no serra e la mia sorte insie-

me vi sigilla, astro perduto

in fondo della terra divina          

ed infernal, parla, chi sei?

            Sibilla lentamente,

-                                         Espressa dalla cortice

vitale, che i germi affida in

grembo della notte, io sono il

sogno che trasforma tutto e le

anime innalza incontro a Dio.

-                                         ............. Voce di seduzione

e frase oscura ............... incanto

che mi tien senza difesa vitti-

ma della mia mala ventura  .....

              Nel silenzio, pieno di

ogni armonia, che segue queste

parole di Lionello, tutti i volti lo

affissano ed un efebo, sostenendo

sulle mani una spada gemmata,

si pone alla sua sinistra.

               Sibilla lo addita, Lio-

nello, sorpreso, lo guarda.

-                                         Eccoti l’altra spada e più

sicura la libertà che chiedi

ecco t’è resa.                                

                    Si fa una pausa

         Lionello appoggiato al-

lo scudo, perplesso, torna a con-

templare Sibilla. Intanto un se-

condo lerodulo, recando la coppa

d’oro nella quale è contenuto il

vino dell’incantesimo, si pone al-

-                                         la sua destra.

                   Compreso il tacito in-

-                                         vito, Lionello vede sulle sue pu-

-                                         pille passare , come nebbia, l’

ignoto e mormora,

-                                         .... Voragine stupenda e

spaventosa.

                 La voce ammaliatrice

lo esorta,

-                                         Tra i segni della vita e della mor-

-                                         te la scelta a te. Nel calice leteo

raggio di sole maturato vino co-

-                                         me favilla al rogo prometeo

mantiene fiamme dell’astro di-

vino. L’incanto originale che so-

spira la vita respira nel fondo.

       Lionello avanzando la

destra verso il calice,

-                                         Mira; il crisma consacrato

m’infutura filtro non so che sua

virtù cancelli. Mira; la sorte non

mi fa tremare                             

-                                         Ma allora tenta ...

             Lionello immergendo

nel vino l’anulare della destra

ornato dell’ametista episco-

pale,

-                                         Anello santo,  sii lavacro

contro l’opere ribelli, lavacro

degl’incantamenti rii.

-                                         Ed ora vinci.

               La voce di un’ani-

mula,

-                                         ........ Illumina noi stesse ...

               Vuotato Lionello il

calice, l’ipogeo, penetrato dal-

la luce rosea dell’aurora, sfol-

gora. Le absidi, le cupole d’

oro risplendono, le colonne di

diaspro scintillano ed i vapori

d’incenso si dorano quali nuvole

sfiorate da raggi di sole obliqui

-                                         Si squarcia la prigione ..

-                                         Appare il sole ... – Vieni

ed irrompi o luce mattutina ...

- La vita vive ... – Nel                

sidereo velo rosseggia come

sangue alfin l’aurora .. – Vibra

per noi ....... Ci scalda .......

-                                         Ci colora .....

                   Lionello lasciando

cadere a terra lo scudo che, fino

ad allora aveva sostenuto a

lato.

-                                         O sirena del mondo mondo mi-

sterioso, tutto vacilla, il vero

s’inabissa, sento l’anima mia

conquisa e scissa perduta nel

tuo volto malïoso.

                Investita dalla luce

rosea Sibilla stende le braccia

nell’onda luminosa ed invoca

l’aurora,

-                                         Helia sorella, iddia fa-

scinatrice circondata d’eterna

rinascenza sovra la terra grave

d’opulenza; Salve!

    Salve sorella incantatrice        

e tu che ardi nel chiarore

sublunare la nuvolaglia e cor-

rusca sul mare di sfavillìo

l’accendi, in tua virtù sosta!

                      Sosta divina, là

sull’orizzonte entro l’arco del-

l’iride raggiante sulla nave di

fuoco incandescente, e mostra

al sole anace e lancillante

quest’ipogeo scavato in fondo

al monte: qui dorme il mio poter

fatto latente, dalla morte vit-

trice e trionfante, in un’algida

fossa!

       La luce dell’aurora pene-

trando nell’asilo lo risveglia mi-

rabile nell’invenzione d’arte, illu-

- mina i fastigi, ma lascia in basso

una zona di ombre nella quale

si trovano Lionello e lo sciame

delle donzelle. Queste con le ma-  

ni alzate, attingono e scherzano

con i raggi che scaldano le dia-

fane dita.

-                                         Arco rovente vieni vicino

...... – qui sulla fronte ..... – il

sangue nostro accendi ..... esa-

spera le membra. Ridi, trasfigura!

                   Invasata appare

sull’alto della scalea l’animula

blandula, strappata la benda

dagli occhi annunzia,

-                                         Abbaccinante saetta il so-

le ...... il sole fiammeggiante!

                     Squillano le trombe

d’oro che annunziano l’apparire

dell’astro: ma allora, improvvisa-

- mente, un fragor sordo si leva, la

caverna si abbuia e si ode la voce

della Morte,

-                                         O voi che il fato esiliò

nell’ombra, o voi che il tristo ma-

-                                         leficio ingombra copritevi di

spoglie maculate, strisciate, .....

avvelenate.                                   

                Alla fosca minaccia

tutte le ancelle si atterrano e

spaventate, tendono le mani quali

a Lionello, quali a Sibilla, sup-

-                                         plici.

                   - L’ora del mutamen-

to è ritornata ...

                   -  Maledetta beltà se

si rinnova ....

                   -  ... Uccidici se puoi ..

                   -  Facci morire la vera

morte nella umanità ......................

                                -  Redimi il fato nostro.

Lionello vede, senza comprender-

- la, sorpreso, questa scena di spa-

vento ed interroga con lo sguar-

do Sibilla.

               Sibilla risponde,

            -  La saldezza della

tua volontà vede l’eterno, hai

forza tu vincere l’inferno?

           -  Sibilla, quel che vedo

 

è tanto strano, quello che dici

è tanto sibillino ................

                       In un immateria-

le silenzio i volti astanti attendo-

no le parole di Sibilla,

- Nata con me la mia sorella morte,

occulta mora della nostra sorte,

vita promise nell’adorazione de l’ima-

            -  gine umana crucefissa.  Ebbre le

genti di dissoluzione, la volon-

tà di vivere discissa chiuse-

ro qui, nel cerchio mostruoso,

l’incantesimo mio maraviglio-

- so come se fosse vinto eterna-

- mente: morte promette inva-

- no il mondo astrale e inebria

inutilmente di preghiera, come

    l’onda ribelle ed impotente

    nell’ocean costretta oriz-

-                                         zontale l’umanità nei sensi

è prigioniera.

-                                         Ho vinta io la cerchia

disperata io ti difenderò nel

cielo aperto .....

-                                         Tu pure lotterai come

 Perseo, senza fissar in volto

la Gorgone gelida sfinge ...

................................. Eremiti,

sirene, i mostri, il fuoco ser-

-                                         rano qui l’idea dell’intellet-  

-                                         to; colui che dal destino è

stato eletto dissiperà l’oscura

aberrazione che spende vita,

per dar vita al nulla.

         Lionello, pur senza com-

penetrarle, esaltato dalle oscure

parole,

-                                         Tu parli dell’idea? ......

La seduzione di tua favella

l’anima carezza e travolge

la mente in armonia di misteri

divini. I cieli, aperti su isole

feraci e fortunate, gonfiano

azzurri di felicità, le vele d’una

nave avventurata verso i lidi

ridenti, inesplorati.

                   Come i giorni

dell’uomo son contati, la sorte

d’ogni nave è destinata: io vi-

vo il sogno della umanità le

vele del faselo liberate

                     sull’abisso dell’

dell’acque senza fondo. Il tem-  

po sfiora. la passione anela

del domani, lo sò, non v’è certez-

za, ma sia la morte o sia l’eter-

nità, sole d’amore irradia e co-

sì sia.

                          Sibilla profetica,

-                                         ................................ Ogni anno

quando il mondo si fa tristo per

la tragica favola di Cristo, il

sogno crolla. Crolla l’asilo e la

nemica morte, invasa questa

mia segreta corte, se non uccide,

all’ultimo confine delle forme

primeve adamantine, mi riso-

spinge ....................................

................................... L’anima

eterna che nell’angue serra

esumerà dal fondo della terra

colui che creda, ... che vinta

la leggenda e la paura nel

liberarmi dalla seportura,

    “larva, confessi, larva

divina della seduzione la bel-

tà della forma è la ragione, per

tua virtù che genera, trasmu-

ta, la vita è degna d’essere

vissuta”. Allor sottratta al

demone maligno, siccome gem-

ma avulsa dallo scrigno, per-

ché germoglia nelle stesse di-

ta l’enimma del piacere e del-

la vita la mia divinità sarà          

nei sensi.

- Arca d’amore non ancor

dischiuso, suscita la magia

dell’avvenire il fascino che

suscita l’ardire ......

       -    Riverbera di luce ogni

follia, l’ardire folle esalta ogni

messia; se non rinneghi la na-

tura io ti prometto il mondo

in signoria.

- Misere cose anela e adempie

stolto chi rinnega se stesso e

pena e langue, chi ti vede e

non t’ama è senza sangue

apri le braccia e baciami sul

volto.

       A queste parole Sibilla

scende lentamente i gradini

del trono. Il paradiso freme,

torna ad illuminarsi della luce

dorata dell’alba. Le donzelle

estatiche, si contemplano nella

regina ed i turiferari alimentano

i turibuli. Lionello, vinto dal de-

sio, stende verso Sibilla le mani

e nell’atto rifulge viola l’ameti-  

sta  episcopale  che  orna  la

sua destra.

                   Sibilla, vedendola,

-                                         Le gemma che riluce nella

mano sia l’anello nuzial

                                 e Lionello,

stringendo subitamente le dita,

-                                         E’ anello santo!

                    Ma  Sibilla,  sua-

dente, l’invita,

-                                         Pallida nel fulgor dell’ame-

tista, parrà la fede sull’amor

commista.

                    Lionello titubante,

-  ................................... Sibilla,

il  talismano  sacrosanto  rese

incolume  allora  la  mia  mano

che vinse i mostri ..... scatenati

invano ...................... e quì, nel

cerchio d’oro, è chiuso il vanto di

Roma.

-                                         Venere santa a Roma ti         

stende per amor la mano mia,

chiede  in  virtù  la  bell’apo-

stasia che muta senso nello

stesso assioma.

                      Senza esitar più

Lionello si toglie l’anello, lo stende

a Sibilla,

-                                         L’ultima  gemma  del  moren-

te  rito,  donata  dal  Pontefice  ro-

mano,   santa   risplenda   sulla

eletta  mano  consacrata  così

nel nuovo rito. Ecco la gemma

avita, io t’inanello, Venere salva

e sposa a Lionello.

                           Sibilla alzando

la mano gemmata,

-                                         Palpita  il  sogno  nell’

umanità, la vita esulta! ........

Nell’epitalamio risurto è Pan,

io son risuscitata con l’anello di

Cristo inanellata.

                      Dal fondo appare

il corteo nuziale.                        

        Giovinette, rivestite dalle

bassaridi candide, spargono i fio-

ri, e fanciulli portano accese le

tede. Si ode l’epitalamio,

       ----.......   In ogni rama deside-

rio arcano le foglie accende, es-

alta la bellezza il cuore umano, il

sogno ascende. Corona il desiderio

in ogni stelo l’imagine del fiore

il sangue plasma, il desiderio

anelo l’imagine d’amore.

                        Le donzelle vinte

dalla passione,

       ---- Bocche baciate per amor

fiorite! ...... – conserte braccia

per amore aprite!

                        Allora, attraver-

so il coro nuziale, irruente l’istin-

to, ma ordinate come le teorie clas-

siche, irrompono le figurazioni dei

cinque sensi. Prime, spargendo fiori

di verbene viola, entrano le driadi,

-         S’accendono corolle a mille a

mille, simili a stelle e simili a pu-

pille.    – Alza i pollini il vento

e  li  disperde,  dov’era  sabbia,

adesso, è tutto verde.

       Sostenendo sulle braccia

e sulle spalle, soprabbondanti

i fruttuosi tronconi, entrano i

vertunni.

-         Cadono  frutta  dalle  rama

opime, la genitura esorbita          

le opprime ...  - Feriti colan

sangue i melograni e sprizza

vino sotto ai piedi umani.

                 La testa coronata

di gigli fiammanti, entran i silvani,

-         L’ampia  foresta  nel  chia-

rore  intenso  esala  al  cielo  nu-

gole d’incenso. Le membra nude

esultano assolate, odorano co-

m’ostie consacrate.

             Le mani levate in atto

di maraviglia vengono le ninfe,

-   Abbiamo  in  fondo   all’

acque rinvenute erme sacrate,

ed idoli abbattuti. Miracolo!

Fra gli umidi velluti, al tatto,

paion vivi i volti muti!

      Sul capo i serti di edera, il

tirso nelle mani, il petto protet-

to dalla nebride entran le me-

nadi ed i fauni accompagna-

ti dalle seguaci pantere,

-          Udite?  Udite  al  vento  alti-

sonante urlar la caccia? lamen-

tar le piante? – Udite i cori?

Là, nella foresta, l’esaltazione     

tragica si desta.

                     Sibilla levando

le  braccia  come  invocatrice,

-         Ardono  altari  di  lontane

età, la terra s’apre e surgono

città. La vita è schiusa nella

eternità, schiuso ai confini della

immensità ogni pensiero alato.

                    Lionello indicando

a terra il palvese,

-         Al  tuo  sorriso  fiorisce  su

l’impresa il fior d’aliso.

                         Sibilla apre le

mani offerente e Lionello te-

nendola avvinta,

-         Come  la  terra  per  la

grande arsura beve la polla

che la trasfigura, lo scudo che

difese ogni periglio sorride al-

la malìa dell’avventura!

        L’amor, la seduzione ogni

consiglio m’avvince a te con vi-     

vido bagliore. Sia d’eliso o d’

inferno il tuo splendore, l’essere

accogli mio che ti consacro fre-

mente di desio. Nel simulacro

del sacrificio, l’infula divina

serra su me, le braccia di regina

serto d’amore ......

                     Dalle profumiere

esalano spire di fumo così dense

che involgono tutto il paradiso

d’una nebbia fitta e le cose e

le persone vi dileguano quali

imagini scoloranti nella profon-

dità d’uno specchio.

                        La luce aurorale

indugia  alquanto  nella  densità

delle nubi d’incenso  e si spegne.

Ed allora che la stasi del sonno

ha vinta l’espressione della vita,

si ode ancora la voce della Morte,

-         Sogno dei sensi, è tutto              

vano, tutto! 

 

 

ATTO TERZO

 

                Lo stesso paradiso          

della regina Sibilla ma pieno

di tenebre appena rotte dalla

fiammella che guizza sopra

un altissimo candelabro.

               Lionello, rivestito di

una  superba  tunica  ornata di

gemme, disteso al suolo ai piedi

del trono, dorme. Sull’alto po-

sa la Sibilla ed intorno sono

sdraiate le dansatrici, le arpiste        

le donzelle, le figurazioni pagane,

le animule, il torpore che prece-

de  le  trasformazioni   pervade

le loro membra stanche.

                      Ad un tratto, sulla

sommità accanto a Lionello, due

ali racchiuse si aprono di luce

e l’Angiolo di Dio, sfolgorante,

appare,

        Cardianal di Santa Chiesa

cavalier di Gesù Cristo, ferma

il piede che ti falla, sei per dare

il passo tristo. Barbaretto, ab-

bandonato l’ingresso delle grot-

te, macerato dal digiuno prega

il cielo giorno e notte.

                Le preghiere sconsolate

sono giunte al Padre Eterno scesi

giù per suo comando nella bol-

gia dell’inferno. La voragine t’è

innanzi t’è dinanzi il fuoco eterno

spalancate già le bocche son            

dei mostri dell’averno. Ieri è

morto il Redentore, ma alla

sua resurrezione, quest’asilo

seduttore troverà la punizio-

- ne ed a sera, mentre gl’inni, le

campane in allegria, verso il cielo

eleveranno loro mistica armonia

vedrai solversi quest’antro, tutto

cenere e favilla ed in serpi tra-

mutarsi le donzelle e la Sibilla.

         Fuggi, fuggi dalla maga,

cardinal di Santa Chiesa, che

il Pontefice t’assolva, che la

grazia ti sia resa!

                  Le ali che conten-

- gono la luce si chiudono, la vi-

sione, come fosse rientrata nel

buio che domina il paradiso

di Sibilla, sparisce.

               Lionello svegliandosi,

        - Candore d’ali e folgorar

di nimbo vidi? Sognai? Qual

vision m’apparve? Chi mi           

parlò? Dove son’io?

                            Le donzelle,

assalite dall’incubo, nel sonno, si lagnano.

           Chi geme?

                                 La lampada

che arde solitaria agonizza.

                       Lionello   si   alza

seduto,  scorge  le  seguaci  della

demone,  si  sovviene  e  sorride

amaramente.

         L’anima piena d’ombre e

di chimere si desta e surge nera

di gramaglia, si desta attedïata

dal piacere per entro alla in-

fernale nuvolaglia. Non raggio d’-

astri sulla dolorante anima folle!

Il fioco ed oscillante lume che

langue, pare che riveli, oltre la

santa chiarità dei cieli, la tomba

chiusa sulla mia fierezza, sepolcro

d’agonia senza salvezza!

            La lucerna si spegne.       

-                                   La notte!

          La voce dell’Angiolo,

invisibile,

          Fuggi, fuggi dalla maga ....

cardinal di Santa Chiesa ..............

                 Lionello alzandosi,

-                                   O divina voce!

               Si  aggira  quà  e 

ansioso, prende per le vesti le

addormentate, ne scuote i corpi

appesantiti.

-                                   Alzatevi vergini della not-

te suvvia destatevi. Dove posso

fuggir? Dite? Mostratemi un’usci-

-                                   ta, una via di scampo.

                           Le dormienti si

agitano fanno sforzi per riaversi

dall’incubo.

-                                   Sono prostrata ... mercè ..

-                                   Pietà!   - Già l’ora, io mi

contorco ..... Io mi copro di

squame ....................                   

...... – Aiuto ...... aiuto .............

           - Destatevi, destatevi, ...

non anco venuta è l’ora,   o

serpi, orsù mostratemi, idre

infernali, della fuga mia la via

di scampo.

           Una sofferente levandosi,

         - O non ci maledire ... Ieri

t’abbiamo visto impallidire pel

fascino sottile e conquidente im-

plorando l’amore riluttante ......

Or che ci scorgi qui senza di-

-                                   fesa al lavacro dell’onde inno-

-                                   vatrici risparmiaci l’offesa.

                      Lionello s’avvici-

a Sibilla, la scuote rude,

-                                   .................... O tu, Sibilla, che

spezzi con effimeri artefici spade d’acciaio, svegliati.

              Sibilla, gestendo come

per  opporsi  ad  una  violenza,

mormora,                                    

----- Soccorso, quasi conversa

già, tutta mi gelo, tremo e tra-

-scoloro .....

                      Si sveglia, guarda

intorno a sé malcerta poi, ricono-

scendo Lionello, gli si avvince,

----- ... Soltanto  l’amor  tuo  mi

salverà.

                Lionello si svincola,

------- Non trascinarmi nella tua

rovina!  l’Angiolo  del  Signore

m’ha chiamato lasciami ritorna-

re al mio destino in libertà.

------- Io son sulla diruta

sponda del gorgo eternamen-

-                                   te aperto, fra poco sarò vinta

e fatta muta : uomo di fede, è

l’ora della prova, io son la vi-

-                                   ta tua che si rinnova, io son te

stesso!

-------- L’aggrovigliamento di

parole stringe a tradimento.         

------  E’  tua  la  sorte,  è  tua

la volontà .... L’anima, offerta

per convincimento, trasmuta e

vince la fatalità, ... se tu con-

senti nel fatal momento io sarò

salva per l’eternità.

-------- Contro il voler di Dio

non sono forte.

--------- Tramontano gli dei di

questo mondo, solo la vita non

tramonta mai! Amore e vita

insiem folle travìa l’insano or-

-                                   goglio della ipostasia : se tu

rinneghi la materia bruta la

morte ha vinto!

                      Lionello com-

mosso, titubante, per non ascol-

tarla, s’involge nel mantello,

------- D’enunciare enimmi

lascia Sibilla, oscuri aggira-

menti, che intricano la santa

verità. Come il bel viso puro,

   di madonna, la tua favella è      

arte di magia, affisa ora su te

l’anima mia attira un vaticinio

sibillino.

                         Sibilla scorre

con ambe le mani il suo volto, co-

-                                   me volesse plasmarlo a maggior

venustà,

-------- Urne ed alvei di nostra

eternità, adora nelle madri le

madonne e, nelle amanti, ascol-

ta le sibille. Alterne sull’altare

e sulla cuna, stelle primeve al-

la natività, guarda le luci delle

mie pupille; soffusero d’amore

il paradiso! ..............................

  Ora tu vedi le pupille assorte

in un sogno di vita e di splendo-

re che, trasumana in volontà di-

vina, l’energia della linfa bel-

luina ..................... E immagina

vanir l’umana sorte, erma di        

me, del nulla indefinito sovra il

sogno di vita omai sparito, so-

vra la fantasia sparita, muta,

interrogare la sorella morte!

     Sibilla s’avvicina all’albero

della vita, ne stacca ed offre il

frutto che addormenta lo spirito,

------- Se il cuor non regga al-

l’ora dolorosa eccoti il dolce frut-

to dell’obblio aspettami dormendo.

                  Lionello respingendo il

gesto seduttore,

------- O maliziosa! Tu sei la

tentazione contro Dio ..... Eva

la stessa .....

------- Eterna e vittoriosa! Vene-

re Astarte ha l’alba nella luna e

brilla avanti il sole che rinnova.

       Nell’ora del mistero e della

prova come fenice di me stessa

erede brillar così la mia beltà      

concede ........... Se sfidare non

vuoi la realtà sii fiducioso nella

gran bontà; rimani in quest’asilo

che nasconde segreti germi e ve-

rità profonde, la forza, la poten-

za, la ricchezza, quanto concede

nostra madre terra sia tramuta-

to in grazia ed in grandezza. Un

giorno eromperà, nata gloriosa, la

vindice pregenie, intanto sogna.

Passa la breve notte misteriosa, che

sembra ai vivi l’ultima vergogna;

domani è l’alba d’ogni bel desio.

 --------- Domani ...............

                    A questo punto giun-

ge nella caverna un suono di cam-

pane lontano, tenue, ma diffuso, co-

me se tutti i bronzi della cristiani-

tà suonassero a distesa nell’aria. Si-

billa per non ascoltare, si chiude con

ambe le mani gli orecchi, il frutto le

sfugge, diviene livida, poi si af-

ferra a Lionello.

    Si  ode  lontano  l’Angiolo,

..... salvazione  dalla  maga

cavalier  di  Gesù  Cristo .......

  Lionello  svincolandosi  da

Sibilla,                                           

------ Domani? E’ tardi. Gra-

zie a Dio son salvo!

                   Sibilla angoscia-

-                           ta, vinta dalla passione, sten-

-                           de le supplici braccia a Lio-

nello,

------- Fermati, amore mio, non

mi lasciare, scalda l’essere mio

sul cuore ardente, io sento a spi-

re il freddo del serpente, solo

l’amore tuo mi può salvare!

    Le animule assistono atone.

                      Lionello fugge e la

desolata Sibilla

                     vaticina,

-                           “O tu che sai non puoi dimentare!”

                                             Fra le

ondate   sonore   delle   campa-

-                           ne festose, intermittente, giun-

ge  l’eco  di  un  canto  celestiale,

l’osanna di angeliche coòrti, e

lo squillare di tube d’argento.

                  I cori angelici,

--------  Mors  et  vita  duello  con-

fliscére   mirando:   dux   vitae

mortus  regnat  vivorus.

            Un  rombo  cupo,  come

un  boato  di  sotterra,  rintuona

per  le  cupole  e  gli  archi  della

caverna;   si   ode   ancora   la

voce della morte,                         

------ Rivestite le spoglie del

serpente, ... sibilate, ... strisciate

avvelenate ...

                     Alla minaccia si

levano  da  tutte  le  parti  del

palazzo incantato lamenti, gri-

-                           da, implorazioni. Per le gradi-

nate, dai colonnati, dalle oscu-

-                           re navate, da ogni recesso si

vedono  accorrere  le  dispera-

te donzelle  che,  prese  dallo

spavento delle traformazioni

si rifugiano presso la Regina.

                  Pallidissime in viso,

ansanti, come fossero inseguite,

supplicano,

------- Salvaci tu. ------- Ricorri

al tuo potere, ..... Sono perduta

...... ----- Il freddo viperino mi

gela il cuore ......... ----- Ahimé,

tutta mi agghiaccio. ---- Ahimé,

ecco l’ora ...... ----- Scampami,

regina .............                              

..... ------ Regina proteggimi ....

... ---- Che ti vale esser maga?

---- Che ti giova l’arte se non

ci aiuti? Fà l’incanto, placa l’in-

-                           ferno .... ----- E se non sai pla-

carlo, uccidici!

                    Le donzelle fanno

ressa, supplicano invano, paio-

-                           no catalettiche; e mentre l’este-

-                           riorità decorativa del tempio

vanisce, scompare, l’asilo diventa

    amorfo come cosa del caos.

              Lo scampanio del Sa-

bato Santo si fa più alto, ed an-

cor più distinte le laudi pasqua-

li esultanti, a viva voce, il saluto

di resurrezione.

             ----- Heac  dies  quam

fecit  Dominus,  exultemus  et

laetemus  in  ea.

                         Sibilla in piedi

fra le prostrate donzelle,            

------ Fanciulle, e voi frenate

il dolor vostro, nulla per voi

può l’arte della maga; il fato

che ne incombe, orrido mostro,

disperde i filtri e le malie disma-

-                           ga.

                           Staccati i frutti

dall’albero della vita, Sibilla

l’offre alle abbattute seguaci.

---------- O voi sorelle che non

comprendete, eccovi il frutto che

matura il Lete .............................

.... Vittime espiatorie sull’altare,

urne sacrate dell’uman fastigio,

vigili madri dell’uman prodigio,

            ... dimenticate!

                           La caverna, a

poco a poco, da buia, si rischia-

ra  di  una  livida  luce,  verda-

stra, il cui riverbero sfigura i

volti di Sibilla e delle derelitte.

           Le carni sembrano  in        

procinto  di  perdere  il  loro

aspetto umano, e le animule

guardano, raccapricciando, le

membra macularsi di nero e di

azzurro.

                           Per la terza

volta prorompono nella ca-

verna, assordanti, i rintocchi

delle campane e, nella pausa,

i cori angelici armoniosi e con-

-                           solatori annunciano,

    ------- Terra tremit et quievit

dum resurget Deus in iudicio.

Alleluia, alleluia.

                           Ma invano;

le donzelle, ossesse, cadono al

suolo come fossero rettili. Nel di-

-                           vincolarsi esse gridano,

------ Orrore, orrore! – O strazio,

... inaudito! ----- Pietà della mia

carne ........  ----- Morte, salvami!

-- Maledetta la vita, maledetta!

Sibilla, rimasta tragicamente ritta   

fra le seguaci che si convertono,

----  Il sacrificio sia consumato so-

relle nel dramma bruto. Sacerdo-

tesse di bellezza sacre sia con-

cesso il fato. Ultima cedo al ser-

pentino torpore del mutamento,

stella  già  fuori  la  perduta  or-

bita, nuova crisalide.

     Ma Sibilla, rassegnata, atten-

de invano la sua trasformazione.

                              Vede vanire

nella densità della notte lo spet-

tacolo della metamorfosi, rifulgere,

nella destra, l’ametista di Lionello

quale stella sommersa.        Ode il

rombo vittorioso delle campane

fremere.        L’onda armoniosa

l’investe commossa ed il sogno con- tinua sveglia-

to nel cuore dei cristiani gentili.

 

 

ATTO QUARTO

 

                         L’interno della Basi-

lica di san Pietro eretta da Co-

stantino  e  trasformata  nella

età di mezzo.

                Si vede il ciborio, il

grande  arco  trionfale  ed  al

di    delle  colonne  vitinee,

vasta, la nave centrale gremi-

ta di popolo.

             E’ la Domenica in          

Albis ed il buon Papa cele-

bra i vespri.

                Sur un alto can-

delabro marmoreo, arde il

cero pasquale e su dodici

candelabri minori ardono a

lato dodici ceri satelliti.

              I prelati, i cardina-

li  seggono sugli stalli.

               Dinanzi all’altare

il Papa, fra le nubi d’incenso

e l’ondular dei flabelli, ponti-

fica. Gli organi echeggiano per

la  vasta  basilica,  intonano

il Regina Coeli, ed i cantori

recitano,

     ------ Regina coeli laetare,

alleluia.

                    Il rito si compie

con la incensazione dei vespri

ed il Pontefice, rivolgendosi ai

fedeli, saluta,

------ Dominus vobiscum .           

                    Il Diacono,

------ Benedicamus Domino ......

Alleluia, alleluia!

                 Adempiuta così

l’ultima cerimonia, il Cardinale

Diacono domamda al Pontefi-

ce,

------ Indulgentia, beatissime

Pater.

                     Allora si ode fra il

popolo la voce di Lionello,

  ----- O Santo Padre, il mio pec-

cato  è  grande    che  mi  sia

rimesso!

                      A   queste   parole

fra  il  popolo,  addensato  si

propaga un confuso clamore,

pochi hanno perfettamente udito.

  ----- Chi ha parlato? .... E’ un

eretico? .... ------ Un folle? ........

.. ---- Un infedele che do-

manda il battesimo ....  lasciatelo  

avanzare .... ----- Dio lo salvi ......

----- Dio gli valga.

                      Si  vede  Lionello

montare  i  gradini  della  confes-

sione :  Barbaretto lo segue fino al

limitare del presbiterio.

                     Il Papa, che discen-

deva dal ciborio, si arresta ed i

prelati i cardinali, dagli stalli, si

levano in piedi.

                   Il popolo, da un capo

all’altro della basilica si agita e

vocifera.

                    Lionello, con gli abiti

strappati dai vespri, il viso macro

i capelli arruffati, i piedi involti di

bende insanguinate, giunto dinan-

zi al Pontefice, il capo curvo, cade

in ginocchio,

------- Redime me et miserere mei

---- Che domandi al pastor?

chi sei tu?

               Lionello, tenendo

il capo nascosto,

---- Non ho coraggio d’innal-

zare il volto agli occhi tuoi,

mi pesa la viltà di questo              

stato d’infima abbiezione, in

cui m’indusse la temerità della

fede.

                     Il Pontefice paterno,

   ------ Confida: il pentimento fa

vella a Dio più alto della colpa.

Guardami.

                 Il Papa rovescia

con la mano la testa del pe-

nitente in modo da scoprirgli

la faccia.

               Il clero ravvisandolo,

  ----- Il diacono Lionello!

  ----- Lionello? O maraviglia!

  ----- O buon pastore, come fa

il cervo a fonte di sorgiva io

vengo  a  te  con  sete  di  per-

dono.

  ----- Io sono qui con veste

di giustizia, confessati alla fe-

de, alla clemenza.

   Lionello rimane alcun tempo    

raccolto  e  poi,  stando  presso

il  ciborio,  ma  volto  al  Pon-

tefice  ed  il  clero,  racconta,

   ---- Là, sovra i gioghi d’Ap-

pennin selvaggio fra l’erte rupi

una caverna appar :  vegliano

le sirene quel paraggio, fremono

i canti e fanno delirar. E chi d’

avventurarsi  oltre  desia  gran

cuore in petto gli conviene aver,

orridi  mostri  sbarrano  la  via

un aspro assalto deve sostener.

     Oltr’essi i mostri, il fuoco di-

sfavilla  sotto  le  mura  d’infer-

nal città che, tutta d’oro cor-

ruscante, brilla fatato asilo della

voluttà.   Chi  vi  pervenga  un

magico soggiorno, una reggia

incantata trova, là, le gemme

tutte brillano d’intorno, tutte le

rose olezzano colà. Fra divine

armonie  d’arpe  di  canti  la

Sovrana del luogo ecco apparir,

la  dea  dei  filtri  all’ospite da-

-vanti  una  coppa  ricolma  fa

venir. Ed io vi bevvi ed alla         

prima stilla, turbato il senno

e vinto il cuor mi fu, caddi

sul seno della dea Sibilla

e più non vidi non conob-

-                           bi più .......

                      Il clero, scan-

dalizzato, si leva ed inter---

rompe,

-------- Basta ..... ------ Ei com-

-                           mette sacrilegio! ----- Il nome

della Demone profanò l’altare,

... --- Dio lo respinge ....

                         Barbaretto si

avvicina supplice,

  ------ Un filtro lo sedusse, arte

di maga gli travolse il senno.

       ed un popolano dalla folla,

-------- Perdona, o Santo Padre,.

non fu sua colpa, ... fu ignaro ....

                     A questo punto si

fà strada nella folla l’Eremita       

che  vigila  la  soglia  del  pa-

-                           radiso di Sibilla ,  s’avanza

fin verso il Pontefice, al quale

si genuflette, e fatto cenno di

tacere al clero esagitato ed al

popolo commosso, così parla,

-------- Padre ascolta, la mia

bocca dirà la verità.

                Il clero pronuncia,

-------- Udiamo, ... udiamo ciò

che narra il Romito ...........

                 L’Eremita sempre

rivolto al Pontefice,

------- Non fu ignaro questi che

pensa  avere  il  tuo  perdono

che, giunto innanzi all’infernale

porta, ben io glie la contesi e

della maga gli rivelai le frodi.

....--- A che t’induci? Padre, non

hai la prova della

colpa? ----- Condannalo!

                Il Pontefice doman-

da all’Eremita,

--- Egli t’udì?

--- Ei mi respinse! Invano l’-

attraversai col corpo e col

flagello, lo scongiurai con voce    

di fratello, lo richiamai nel no-

-                           me della croce ..... Non valse

Kristo, non poté mia voce e nel-

l’inferno si precipitò.

             Il Pontefice a Lionello,

---------- O Lionello, come ti di-

scolpi?

---------- Nulla può rispondere ,

col suo tacer s’accusa o santo

Padre.  Ora  vuoi  tu  levare  dal-

-                           l’inferno i dannati? La redenzio-

-                           ne è una, una l’eternità, la fede una

non v’è perdono per i rinnegati!

     Ma il Papa, ancora esitante,

  -------- Or prima ch’io ti giu-

dichi interroga il tuo cuore e

dentro guardavi, dimmi se al-

tro a confessar ti resti.

  -------- Ahimé, sì!

----- Tutto non dicesti?

----- Tutto non dissi Padre.

                    Ancora una volta i

prelati e la folla rumoreggiano.

Il Pontefice, oscurandosi in viso,  

  ------ Parla.

  ------ Io mi confesso d’aver, con

l’ametista episcopale, inanellata

Venere Sibilla ......

                           Lionello non

può continuare la narrazione;

udite le ultime sue parole i car-

dinali, i vescovi, i prelati si leva-

no  furibondi,  agitano  le  brac-

-                           cia,  protendono  dagli  stal-

-                           li, scagliano ingiurie al profa-

-                           tore.

             Il Papa si ritrae, tocca

l’altare come per difendersi

dalla contaminazione.

               ------ Cacciatelo dal

tempio, .... fuori ..... fuori .........

-- Flagellatelo!  Al  rogo  sulla

piazza, la morte al Simoniaco!

-- Ha trafficate le cose sante .. a

prezzo dell’anello ha comprata

la fornicazione! ....... -- Fatene     

scempio! ---- Apostata, idolatra!

                     Barbaretto supplice,

-------- O  Padre,   Santo  Padre,

non  lasciarlo  senza  speranza!

                    La folla, interessa-

ta dall’avvenimento, invasa la

schola cantorum, si è spinta fin

sotto al presbiterio ed il popolo

fa coro alle implorazioni di Bar-

-                           baretto.

------- Non abbandonarlo, con-

tendilo al demonio! --- Sei pa-

store, riconduci nel gregge lo smar-

rito ...... ----- Oggi, in Albis, Dio

ha perdonato tutti, pel sangue

dell’agnello crocifisso.

     Il Papa si erge con le braccia

             levate in atto d’imperio,

-                           Fate silenzio, il Vicedeo son io; io

solo  ho  podestà  per  il  giudizio!

                   Nella imminenza di

un responso papale due guer-      

rieri armati, la celata sul volto,

si pongono ai lati del Pontefice.

             In un solenne, religioso

silenzio il Papa pronuncia,

  ---------- ...................................

Selvaggio echeggia nell’immen-

sità, il delirio dell’angiolo ribelle

fatto avversario della verità !

              Il Pontefice si rivolge a

Lionello,

  -------- O figlio nostro veggo i

luttuosi spasimi dello spirito de-

mente in una tenebrosa onda di

turbine; eppur nel cuore mio vin-

-                           to, commosso,.... veggo l’errore

e  perdonar  non  posso !  Alza-

-                           ti ed esci, togliti dal tempio,

se qui non si perdona Dio t’as-

-                           solva, non il vicario suo che non

ha impero sulle porte d’inferno !

               Un sepolcrale silenzio

accoglie la sentenza, poi Lionel-

lo lentamente,

--- La  condanna  che  mi  ban-

disce  da  cristianità  ascolterei

compreso d’umiltà, se l’anima

sdegnosa di rimpianto cresciu-

- ta nella foga dell’azione, non      

fosse un rogo acceso di passione

sulle vestigia d’ogni altare in-

-                           franto. E ancora imploro dalla

tua possanza di non recidere l’ul-

-                           tima speranza al di là della fe-

-                           de, il bene, il male; solo l’ardire

è la virtù che vale.

  ------ Sanguina di dolore il cuo-

re mio, ma la speranza è fonte ina-

ridita  poiché  l’anello  sacro   è

nelle  dita  della  grande  nemica

in faccia a Dio.

              Il Papa, allora, prende

dalle mani di un vescovo il bacu-

-lo pastorale e lo offre a Lionello.

  ------- Siccome il pio virgulto

pastorale, sacro quanto l’anello

episcopale, dalla quercia mater-

-                           na ormai reciso più non germo-

-                           glia a nova primavera, così l’ani-

-                           ma  tua,  fatta  straniera  alla

  grazia di Dio, dal paradiso

ha recisa la santa comunione.

                   Il clero prorompe,       

------ Dies irae ! Dies illa !

                 Tumultuosamente i

prelati, i cardinali, i vescovi

scendono dagli stalli si acco-

stano ai candelabri marmorei e

rovesciano a terra i ceri accesi

pronunciando i motti dell’ana-

-                           thema.

--------- Il gran delitto abbia l’

esacrazione dei credenti! ......

-------- Chiudetegli la casa del

Signore! .......... ----- Negategli

l’asilo. ----- All’interdetto, non

sian concessi i santi sacramenti..

.....-------- Gli sia negato il pane

quotidiano .............------ Gli sia

negato il tumulo cristiano .........

......------ Sia dato ai lupi!...........

--- Nel profondo inferno vivo

rientri ....... ----- Giù, nel fuoco

eterno,  muoia  sul  seno  della

meretrice..--- Aggrovigliato con   

l’incantatrice ......

                             Barbaretto  si

prostra a terra in atto di estremo

dolore,

  ------- Muovetevi  a  pietà  del-

-                           l’infelice.

                        Il popolo si agita

diviso  da  sentimenti  discordi.

  ------- Orrore, orrore ... ------ E’

bene condannato. ---- L’interdi-

-                           zione!.. ---- O Dio! Sarà scaccia-

-                           to...... come  cane  randagio ......

...----- Abbandonato, solo col

suo dolore ... ---- orrore ... orrore.

               Lionello  sollevando

il pastorale e rivolto al Papa,

  -------- Questo santo segnaco-

-                           lo cristiano, quest’asta senza

-                           vita e, nelle mani dell’interdet-

-                           to, sacrilegio vano. Vicino al cero

che rischiara il mondo il giorno della

Pasqua dei cristiani si elevi,         

arido stelo ed infecondo, qua-

-                           le voto del diacono perdu-

to fra le braccia di Venere Si-

-billa, divenuto con lei fiamma,

favilla!

            Così dicendo Lionello

pianta il pastorale sur un can-

- delabro  marmoreo  rimasto

senza cero.

           L’Eremita inveisce,

------ Cane lebbroso ...

------ Per divinazione, attra-

-                           verso quest’orrido infernale, un’

altra  salvazione  infin  prevale:

esulta  in  libertà  l’anima  mia

conquistata  la  propria  signoria

, svincolata su me trasfigurata.

  -------- Sacrilego all’inferno!

  -------- Così sia. Vedo il destino

mio  senza  paura  vedo  l’inferno

       mio senza tortura, splende la    

verità sulla malìa, la vita è

santa, la bellezza è pia. Io so-

no quì la vittima veggente at-

traverso la fede e la demenza

il rito sacro e l’opera fervente

fatto profeta. In me, rinnovella-

to,  Sibilla  è  salva  e  sia  la

rinascenza  sull’altare  di  Dio.

         Lionello scende lenta-

mente i gradini del presbiterio

e l’Eremita eccitando il popolo,

  ------ L’indemoniato e Sibilla

uccidete in una volta !

           Lionello sfidandolo,

  ------ Io sono come colui, resu-

scitato,  vivente  e  morto,  in 

fatto    palese    perché    perduto

insieme e liberato.

           Il clero esasperato,

  ------ Basta .....  ---- non più ...

----... Scacciatelo da chiesa !

----- Chiudetegli la gola! ........      

----- Lapidatelo ......

              Quando Lionello entra

nel  cuor  della  folla, il suo spi-

rito suscita sentimenti multipli

e, sulla sua favola, pare sovrasti

un “giudizio di dio”. Barbaretto,

determinato  a  difenderlo,  sfo-

dera  la  daga,  fa  largo  fra  il

popolo  e  fende  le  onde  tu-

multuanti: Lionello passa come

portasse una misteriosa pro-

messa di redenzione. Le donne

lo guardano attonite mentre dal

la moltitudine si levano parole

discordi,

---- Scostatevi da lui. ---- Porta

sventura ....  ----- E’ pazzo, inde-

moniato. ---- E’ l’anticristo........

              Una madre stringe a sé

i figli,

----....... Non lo toccate con le

mani pure.                                     

           L’Eremita, furente, sol-

leva la logora croce che tiene

appesa alla cintura,

--- Uccidete Sibilla! ... Egli, l’o-

ossesso, la  porta  in  petto  dal

profondo abisso. In  nome  del

divino  crocifisso  uccidete  il

vespaio, ....adesso, .. adesso ..

                   Lionello, incolume,

esce dalla Basilica.

                               Il Pontefice

rivolto  al  popolo,  facendo  i

tre segni di croce rituali impone

silenzio  e  pronuncia  le  parole

sacramentali,

--- Benedictio in nomine Dei

omnipotenti Patri, et filii, et

Spiritus Sancti.

            Il  popolo ,  come  per

incanto , si calma si crucesigna

e risponde,

---- Amen.... ---- Amen, amen.      

            Le  trombe  d’argento

squillano, gli organi suonano e

le campane di tutta Roma rin-

toccano a festa.

           La funzione, sostenuta

dalla musica sacra, continua, si

compie, muta celebrazione mi-

mica. Poi il Papa, fra il clangore

della  musica  trionfale,  viene

innalzato  sulla  sedia  gestato-

-                           ria ed incede benedicendo.

                 La processione con i

prelati, i cardinali, i famuli vuota

     il  presbiterio  e,  seguita  dal

popolo, esce nell’atrio.  Si  sente

procedere  per  il  quadriportico

fra le acclamazioni, lo squillare

delle trombe, lo scampanìo.

                      La chiesa rimane

deserta ed, intorno al ciborio, il

disordine  rivela  la  scena   tu-

multuosa avvenuta. Dai ceri ab-

battuti per la scomunica si leva-

no spire di fumo lunghe, serpenti-

ne  :  al  di    del  presbiterio  la

luce  della  luna  penetra  nella

grande   navata   e   descrive,   nel-

l’aria   grave   d’incenzo,   delle

strisce luminose. Il coro degli an-

gioli invisibili mormora,

---- Lauda Sion Salvatorem           

lauda  ducem  et  pastorem

in hymnis et canticis ....

                 Ma gli stessi spiri-

ti che abitano l’ipogeo di Si-

billa ondeggiano nella vetusta

basilica le cui colonne appar-

tennero al tempio di Venere.

------ Etereo lume della vita

schiuditi! Face d’amor purissi-

ma fra gli astri lucentissima ri-

surgi in tuo splendore e tra-

sfigurati. Venere madre, dia, ardi

redimiti!

             Ad  un  tratto  il  pasto-

rale  piantato  da  Lionello  vi-

cino  all’altare  manda  faville

di  luce  e  fiorisce.  Un  fragor

sordo  si  leva  dal  suolo  della

basilica  al  tetto  e  gli  organi,

mossi  da  mani  invisibili,  suo-

nano.  Intorno  al  fiore nim-

bato  fremono,  aleggiano  gli

spiriti e gli angioli insieme,

---- Vaso spirituale e rosa

mistica.

---- Miracolo ... miracolo ...

              L’eco attraverso

la selva delle colonne,

....... miracolo ......................

..................

     Il coro degli angioli,

---- Quod non capis quod

non vides

Animosa firmat fides

Praeter rerum ordinem !

 

F  I  N  I  S

 

HORTI GALATEAE XXII IVNII

  MARGARITA   *   ARISTIDE  LIDIA    ***

 

 

 

 

 

 

INDICE

 

 

 

Proemio a Lidia, Pag.

Attori                   , , ,

Atto primo           , , ,

Atto secondo        , , ,

Atto terzo             , , ,

Atto quarto           , , ,

 

 

 

 

 

 

opere di Aristide Sartorio

 

Romae Carrus Navalis

favola         mcmIv

Tre Novelle a Perdita

mcmxvII

Flores ed Humus

conversazioni d’arte  mcmxxI

 

 

di prossima pubblicazione

 

Le perle dei Malagrida

favola

Sansonetto Santapupa

favola

Simon Mago

poema drammatico

 

 

 

 

 

Giulio Aristide Sartorio

(Roma 1860 - 1932)

 

Apprende le prime nozioni di disegno dal nonno Girolamo e dal padre Raffaele, entrambi scultori. Studia le sculture classiche ai Musei Vaticani e comincia a dipingere dal vero nella campagna romana. Successivamente si avvicina alla maniera di dipingere di Fortuny, realizzando opere di più sicuro successo commerciale. Nel 1879 prende uno studio a Roma in via Borgognona e si reca a Napoli per conoscere Morelli. Nel 1882 esordisce come illustratore sulla Cronaca bizantina, la rivista diretta da Angelo Sommaruga, il quale, l'anno seguente, acquisterà Malaria, dipinto con il quale Sartorio si segnala all'attenzione della critica all'Esposizione Internazionale del 1883. Nel 1884 compie un viaggio a Parigi. Nel 1885 partecipa all'Esposizione Universale di

Anversa con i dipinti Malaria, Justinien e Théodore e Etude de femme. Realizza due testate per Cronaca bizantina e conosce D'Annunzio, per il cui libro, Isaotta Guttadauro, realizza quattro tavole. Il conte Giuseppe Primoli nel 1890 gli commissiona il trittico Le vergini savie e le vergini stolte. La sua attività d'illustratore prosegue intensamente durante l'intera carriera dell'artista.

Si reca a Torino per incontrare De Amicis per il quale illustra Cuore, edito da Treves. Nel 1890 comincia ad esporre alle mostre dell'Associazione In Arte Libertas e partecipa alla mostra degli Amatori e Cultori con il dipinto Veduta di Ninfa, acquistato dal Comune di Roma. La sua vasta produzione di dipinti e pastelli di paesaggio gli permette di essere presente a varie esposizioni. Nell'estate del 1893 soggiorna a Londra, Manchester e Liverpool, vedendo le opere dei paesaggisti inglesi e del Preraffaellismo. Nel 1896 viene chiamato alla Scuola d'Arte di Weimar come professore di Pittura dal Granduca Carlo Alessandro. Vi rimarrà tre anni. Nel periodo tedesco realizza numerosi studi di animali e paesaggi, portando inoltre a termine il grande dittico Diana d'Efeso e gli schiavi e la Gorgone e gli eroi, iniziato nel 1893 come un'unica grande tela e poi diviso in due parti. All'Esposizione Internazionale di Venezia del 1899 espone il dittico, acquistato dallo Stato (ora alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna di Roma) e il dipinto Le vergini savie e le vergini stolte, acquistato dal Comune di Roma. Nel 1904 è tra i fondatori dei XXV della Campagna romana. Nel 1905 pubblica il romanzo Romae Carrus Navalis. All'entrata in guerra dell'Italia parte volontario e viene fatto prigioniero dagli austriaci. Nel 1917 rientra dal fronte e pubblica presso Treves Tre novelle a perdita. In quell'anno partecipa alla mostra degli Amatori e Cultori, dove il Comune di Roma acquista la serie di xilografie Christus. Dal 1920 si dedica al cinema, realizzando il film Il mistero di Galatea. Nel 1926 espone negli Stati Uniti e nel 1929 viene nominato Accademico d'Italia.

 

 

 

 

 

Scheda Istituto Centrale per il Catalogo Unico

Indice SBN

 

Livello bibliografico:

Monografia

Tipo documento:

Testo a stampa

Autore:

Sartorio, Giulio Aristide

Titolo:

Sibilla : poema drammatico in quattro atti / Aristide Sartorio

Pubblicazione:

Milano : L'eroica, stampa 1922

Descrizione fisica:

219 p. : ill. ; 32 cm.

Note Generali:

Ed. di 1333 esempl. num.

Nomi:

Sartorio , Giulio Aristide

Classificazione:

852.912 - LETTERATURA DRAMMATICA ITALIANA,1900-1945

Paese di pubblicazione:

IT

Lingua di pubblicazione:

ita

Localizzazioni:

FI0098 - Biblioteca nazionale centrale - Firenze - FI

MI0162 - Biblioteca comunale - Palazzo Sormani - Milano - MI

 

NA0079 - Biblioteca nazionale Vittorio Emanuele III - Napoli - NA

 

PA0064 - Biblioteca centrale della Regione siciliana - Palermo - PA

 

RM0214 - Biblioteca della Soprintendenza speciale alla Galleria nazionale d'arte moderna e contemporanea - Roma - RM

 

TO0240 - Biblioteca civica centrale - Torino - TO

 

VA0059 - Biblioteca civica Luigi Majno - Gallarate - VA

 

Codice identificativo:

IT\ICCU\LO1\0469496

 

 

Sibilla : poema drammatico in quattro atti / Aristide Sartorio. - Milano : L'eroica, stampa 1922.

-         219 p. : ill. incis. ; 32 cm. (Ed. di 1333 esempl. num.) –

 

 

 

1)      (MI)- Biblioteca comunale di Milano

 

                              Condizioni di prestito:

                                                     consultazione

                              Serie e inventario:

                                                     108003

                              Collocazione:

                                                     TEA.S TEA.10

                              Data collocazione:

                                                     10.03.1999

                              Precisazioni dell'inventario:

                                                     1 v. - Esempl. n. 924. - Dedica autogr. dell\'A.

                              Consistenza:

                                                     1 v

 

2)      (MI)- Biblioteca comunale di  Milano

 

                              Condizioni di prestito:

                                                     consultazione

                              Serie e inventario:

                                                     217536

                              Collocazione:

                                                     TEA.S TEA.10.-1

                              Data collocazione:

                                                     10.03.1999

                              Precisazioni dell'inventario:

                                                     1 v. - Esempl. n. 1120

                              Consistenza:

                                                     1 v

 

3)      (VA)- Biblioteca civica  L.Majno di Gallarate

 

                              Condizioni di prestito:

                                                     nessun vincolo

                              Serie e inventario:

                                                     35755

                              Collocazione:

                                                     LIBRI.G.190

                              Data collocazione:

                                                     30.10.2001

                              Precisazioni dell'inventario:

                                                     1 v.

                              Consistenza:

                                                     1 v.

 

 

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             Giulio Aristide Sartorio "Sibilla", poema drammatico i quattro atti, Milano ediz. L'Eroica,

             1922. In-4° grande; 219-[11] pp., I f.b., 219 incisioni su zinco (di cui 70 a piena pagina).

             Legatura editoriale in cartone, con illustrazione sul piatto anteriore.

             Questo libro è uno dei capolavori della grafica italiana del novecento.

             Questa magnifica edizione, pubblicata in soli 1.333 es. numerati e firmati dall'artista e

             dall'editore Ettore Cozzani ed interamente incisa su zinco, costituisce il più importante

             contributo di Sartorio all'arte del libro. Le belle illustrazioni, i fregi ornamentali e i caratteri

             tipografici furono concepiti e realizzati nell'arco di circa dieci anni da Sartorio che iniziò a

             preparare le lastre di zinco nel 1912. Il libro richiese all'artista ben quattro anni di lavoro.

             "Una parte ebbe una prima pubblicazione sulla rivista L'Eroica (negli anni 1913-14) dove

             Cozzani spiega la tecnica adottata dall'artista per eseguire le tavole, incise su zinco anziché  

              su legno, ma col sistema dell'incisione in rilievo con effetto xilografico", applicando 

             dell'acido nelle parti dove non desiderava che si depositasse l'inchiostro (E. Bardazzi, Le 

             ricerche del  'Bianco e Nero', p. 133). Finita l'impressione tutto il materiale tipografico 

             venne distrutto.

 

             Giulio Aristide Sartorio - pittore, scultore, scrittore, illustratore e fotografo - (Roma,

             1860-1930) trascorse lunghi periodi a Weimar, Parigi e Londra; fu attratto dai preraffaelliti,

             aderì al gruppo "In Arte Libertas" e fu tra i fondatori dei Venticinque della "Campagna

             Romana".

             Aristide Sartorio è famoso anche perché ha eseguito il vasto fregio pittorico all'interno

             dell'Aula di Palazzo Montecitorio dedicato alla storia del popolo e della civiltà italiana. Nel

             1989 è stato pubblicato dall'editore Franco Maria Ricci, per conto della Camera dei

             Deputati, il libro "Giulio Aristide Sartorio - Figura e decorazione"

 

             

 

             

ICCU

Istituto Centrale per il Catalogo Unico

delle Biblioteche Italiane e per le Informazioni Bibliografiche

 

Indice SBN

 

Opere di Giulio Aristide Sartorio

 

(1/49)

[Monografia] - G A. Sartorio : mostra di cento dipinti, acquarelli, pastelli, disegni : 15 febbraio-3 marzo 1969 - Milano - c1969 (IT\ICCU\MIL\0570991)

 

 (2/49)

[Monografia] - 6 / con prefazione di Antonio Cippico... e lettera autografa del pittore Giulio Aristide Sartorio - Bologna - 1927 (IT\ICCU\NAP\0251527)

 

(3/49)

[Monografia] - Mostra di Giulio Aristide Sartorio <1961 ; Roma> - Mostra di Giulio Aristide Sartorio, 1860-1932 : nel centenario della nascita :(Roma), Palazzo Braschi , marzo-aprile 1961 - S.l.Roma - 1961? (IT\ICCU\RMR\0005257)

 

(4/49)

[Monografia] - Sartorio, Giulio Aristide - Aristide Sartorio - Roma - 1909 (IT\ICCU\TO0\0639750)

 

(5/49)

[Monografia] - Sartorio, Giulio Aristide - O tu uccidi l'insidia o resti ucciso / Giulio Aristite Sartorio. [S.n.t.] (IT\ICCU\RAV\1156552)

 

(6/49)

[Monografia] - Mostra di Giulio Aristide Sartorio <1961 ; Roma> - Mostra di Giulio Aristide Sartorio (1860-1931) nel centenario della nascita : palazzo Braschi, marzo-aprile 1961 - Roma - 1961 (IT\ICCU\SBL\0523835)

 

(7/49)

[Monografia] - Giulio Aristide Sartorio - Milano - 1974 (IT\ICCU\NAP\0168625)

 

(8/49)

[Monografia] - Sartorio, Giulio Aristide - Giulio Aristide Sartorio peintre animalier / cinquante planches avec introduction par Louis Serra - Turin - 1914 (IT\ICCU\PAL\0039971)

 

(9/49)

[Monografia] - De Amicis, Edmondo - Cuore : libro per i ragazzi / Edmondo De Amicis ; di A. Ferraguti, E. Nardi e A. G. Sartorio - Milano - 1892 (IT\ICCU\TO0\1175379)

 

 

 

 

(10/49)

[Monografia] - Giulio Aristide Sartorio : 1860-1932 : Roma, Palazzo Carpegna 13 maggio-20 giugno 1980 / scritti di Fortunato Bellonzi ... [et al.] ; schede a cura di Angela Cipriani - Roma - 1980 (IT\ICCU\PAL\0073075)

 

(11/49)

[Monografia] - De Amicis, Edmondo - Cuore : libro per ragazzi / Edmondo De Amicis ; introduzione di Giorgio Pasquali ; premessa al testo e note di Ettore Barelli ; illustrazioni di A. Ferraguti, E. Nardi - Milano - 1978 (IT\ICCU\RAV\0188511)

 

(12/49)

[Monografia] - Sartorio, Giulio Aristide - Il ciborio di Adeodato in San Giovanni in Laterano / G. A. Sartorio - [S.l. - 1921 (IT\ICCU\RML\0095999)

 

(13/49)

[Monografia] - Cipriani, Angela - Sartorio / Angela Cipriani - Roma - W0 1-1978 (IT\ICCU\SBL\0331426)

 

(14/49)

[Monografia] - Un fregio di Giulio Aristide Sartorio : Galleria dell'emporio floreale, Roma - [S. l. - 1974?] (IT\ICCU\LIA\0128634)

 

(15/49)

[Monografia] - Sartorio, Giulio Aristide - S. Flaviano a Montefiascone / Aristide Sartorio - Roma - 1915 (IT\ICCU\RMR\0000346)

 

(16/49)

[Monografia] - Giulio Aristide Sartorio : immagini dell'Agro pontino / a cura di Fausta Cataldi Villari - Roma - 1987 (IT\ICCU\RMS\0070667)

 

(17/49)

[Monografia] - Sartorio, Giulio Aristide - Flores et humus : conversazioni d'arte / Aristide Sartorio - Citta di Castello - 1922 (IT\ICCU\RLZ\0109253)

 

(18/49)

[Monografia] - Ratta, Cesare - Gli adornatori del libro in Italia : Raccolta di xilografie, acquaforti, litografie, carboncini, acquarelli, bianco e nero ecc. Vol. VI, con prefazione di A. Cippico e - Bologna - 1927 (IT\ICCU\CUB\0535677)

 

(19/49)

[Monografia] - Moreau-Vauthier, Charles - La pittura : i diversi processi, le malattie dei colori, i quadri falsi / Ch. Moreau-Vauthier, Ugo Ojetti ; con prefazione di G. A. Sartorio - Bergamo - 1913 (IT\ICCU\NAP\0101698)

 

(20/49)

[Monografia] - Giulio Aristide Sartorio : Autunno 1971 - [S. l.Torino - 1971?] (IT\ICCU\NAP\0105493)

 

 

 

(21/49)

[Monografia] - D'Annunzio, Gabriele - L' innocente / G. D'Annunzio ; con disegno di G. A. Sartorio - Napoli - 1892 (IT\ICCU\TO0\0633444)

 

(22/49)

[Monografia] - Mostra delle opere di Giulio Aristide Sartorio : raccolte da Marga Seville Sartorio : [Milano], novembre 1934-13. (Galleria Dedalo) - Milano - Anonima Per L'ar (IT\ICCU\CUB\0472524)

 

(23/49)

[Monografia] - Mostra delle pitture di Giulio Aristide Sartorio nella Regia Galleria Borghese : 9 marzo-24 aprile 1933 / [con studio introduttivo di Achille Bertini Calosso] - Roma - 1933 (IT\ICCU\CUB\0472526)

 

(24/49)

[Monografia] - Sartorio, Giulio Aristide - Tre novelle a perdita - Milano - 1917 (IT\ICCU\CUB\0582059)

 

(25/49)

[Monografia] - Sartorio, Giulio Aristide - I marmorari Romani nella Chiesa di westminster abbey - Roma - 1896 (IT\ICCU\CUB\0582064)

 

(26/49)

[Monografia] - Sartorio, Giulio Aristide - Ipso de corde latii - Milano - 1915 (IT\ICCU\CUB\0582065)

 

(27/49)

[Monografia] - Sartorio, Giulio Aristide - Romae carrus navalis : favola contemporanea - Milano - 1905 (IT\ICCU\CUB\0582078)

 

(28/49)

[Monografia] - Mostra delle pitture di Giulio Aristide Sartorio nella Regia Galleria Borghese <1933 ; Roma> - Mostra delle pitture di Giulio Aristide Sartorio nella regia Galleria Borghese : Roma], 9 marzo-24 aprile 1933-11 - Roma - 1933 (IT\ICCU\PAL\0004141)

 

(29/49)

[Monografia] - Sartorio, Giulio Aristide - Sul valore economico delle belle arti in Italia / Aristide Sartorio - Roma - 1913 (IT\ICCU\VEA\0032914)

 

(30/49)

[Monografia] - Sartorio, Giulio Aristide - Romae carrus navalis : favola contemporanes / Giulio Aristide Sartorio - Milano - stampa 1907 (IT\ICCU\AQ1\0050626)

 

(31/49)

[Monografia] - Mostra personale Giulio aristide Sartorio, accademico d'Italia : Catalogo - Livorno - 1930 (IT\ICCU\CUB\0472752)

 

 

 

(32/49)

[Monografia] - De Amicis, Edmondo - Cuore : libro per i ragazzi / Edmondo De Amicis ; introduzione di Giorgio Pasquali ; premessa al testo e note di Ettore Barelli ; illustrazioni di A. Ferraguti, E. Nard - Milano - 1978 (IT\ICCU\MOD\0325280)

 

(33/49)

[Monografia] - Sartorio, Giulio Aristide - Flores et humus : conversazioni d'arte / Aristide Sartorio - Citta di Castello - 1922 (IT\ICCU\RMS\0092535)

 

(34/49)

[Monografia] - Sartorio, Giulio Aristide - The Gallery of St. Luke / Aristide Sartorio - Rome - 1911 (IT\ICCU\RMS\0126827)

 

(35/49)

[Monografia] - Sartorio, Giulio Aristide - L' abbazia cistercense delle tre fontane / Aristide Sartorio - Roma - 1913 (IT\ICCU\UFI\0020417)

 

(36/49)

[Monografia] - Galleria di S. Luca / Aristide Sartorio - Roma - 1910 (IT\ICCU\BRI\0102697)

 

(37/49)

[Monografia] - Giulio Aristide Sartorio: immagini dell'Agro Pontino / a cura di Fausta Cataldi Villari - Roma - 1989 (IT\ICCU\CFI\0107994)

 

(38/49)

[Monografia] - Giulio Aristide Sartorio: figura e decorazione : Roma, Palazzo di Montecitorio, Sala della Regina, 2 febbraio-11 marzo 1989 / a cura di Bruno Mantura e Anna Maria Damig - Milano - [1989] (IT\ICCU\CFI\0108003)

 

(39/49)

[Monografia] - Sartorio, Giulio Aristide - Di Tiepolo e sull'arte decorativa / G. A. Sartorio - [S.l. - 1896?] (IT\ICCU\UBO\1544845)

 

(40/49)

[Monografia] - De Amicis, Edmondo - Cuore : libro per i ragazzi / Edmondo De Amicis - Milano - 1907 (IT\ICCU\TO0\1156403)

 

(41/49)

[Monografia] - Sartorio, Giulio Aristide - Giulio Aristide Sartorio : opere dal 1890 al 1928 - Torino - 1983 (IT\ICCU\FER\0147218)

 

(42/49)

[Monografia] - Mostra personale di Aristide Sartorio <1921 ; Milano> - Mostra personale di Aristide Sartorio : gennaio-febbraio 1921 - Milano - 1921 (IT\ICCU\LO1\0469489)

 

(43/49)

[Monografia] - Sartorio, Giulio Aristide - Per l'avvenire dell'arte italiana nell'America latina / Aristide Sartorio - Roma - 1924 (IT\ICCU\LO1\0469492)

 

(44/49)

[Monografia] - Sartorio, Giulio Aristide - Sibilla : poema drammatico in quattro atti / Aristide Sartorio - Milano - stampa 1922 (IT\ICCU\LO1\0469496)

 

(45/49)

[Monografia] - Sartorio, Giulio Aristide - Esposizione di Milano, 1906 : sala del Lazio / fregio decorativo di G. A. Sartorio - Roma - 1906 (IT\ICCU\LO1\0469501)

 

(46/49)

[Monografia] - Mostra degli studi e dei quadri eseguiti da G. A. Sartorio alla fronte italiana : Teatro alla Scala, febbraio 1918 - Milano - [1918?] (IT\ICCU\RAV\0262561)

 

(47/49)

[Monografia] - De Amicis, Edmondo - Cuore : libro per ragazzi / Edmondo De Amicis ; con disegni di A. Ferraguti, E. Nardi e A. G. Sartorio - Milano Roma - stampa 1932 (IT\ICCU\TO0\0713335)

 

(48/49)

[Monografia] - Giulio Aristide Sartorio: impressioni di guerra (1917-1918) / a cura di Renato Miracco - Roma - c2002 (IT\ICCU\VEA\0154072)

 

(49/49)

[Monografia] - Giulio Aristide Sartorio : impressioni di guerra (1917-1918) / a cura di Renato Miracco - Roma - [2002] (IT\ICCU\RML\0116531)